Luci a Damasco, buio a Betlemme. Sono i due volti di questi giorni nel Medioriente terremotato dagli eventi. La Siria , con la cacciata del tiranno Assad, ha ritrovato il sapore della libertà; e la capitale Damasco è tornata (quasi) a vivere la normalità perduta. In città si sono accese le luci natalizie, i ragazzi si sono sparsi nelle vie festosi come mai, un grande albero di Natale campeggia in centro, negozi sono tutti aperti.
I nuovi padroni, guidati (per ora) da al Jolani, il leader carismatico dei ribelli siriani, getta acqua sul fuoco, ha promesso di proteggere il pluralismo religioso e le minoranze, ha garantito che “la Siria è di tutti”. Staremo a vedere. E’ vero, le luci sono tornate ma gli scontri tra le forze di sicurezza siriane e i nostalgici del regime Asssad non sono terminati. Mercoledì gli scontri a Tartus hanno registrato 17 morti (14 poliziotti delle nuove autorità siriane).
Viceversa a Betlemme, cittadina simbolo della Cisgiordania (a soli 10 km da Gerusalemme), è calato un cupo silenzio: luci spente, negozi chusi, zero turisti, zero lacrime, incubo carestia. Dopo quasi 15 mesi di guerra anche il secondo Natale se ne è andato in un mutismo eloquente. Tolti il superfluo nel rispetto dei morti di Gaza, dei bambini “mitragliati”: via alberi, decorazioni, cori. E’ rimasta la speranza, seppur anch’essa al lumicino.
Comunque due episodi registrati a Damasco e Betlemme lasciano presagire nuovi ed imminenti sviluppi tutti da decifrare. Parliamone.
DAMASCO, BRUCIATO UN ALBERO DI NATALE
Episodio inquietante, una macchia nel clima euforico della popolazione e un colpo duro all’immagine buonista che vogliono dare i nuovi padroni. In sintesi: martedì sera e’ stato bruciato un albero di Natale nel distretto cristiano-ortodosso di Hama. Gli incendiari sono stati uzbeki armati. Immediata la reazione dei cittadini di religione cristiana con manifestazioni che si sono tenute a Damasco. Gli abitanti di Al-Suqaylabiya hanno lamentato la mancanza di sicurezza, le restrizioni ai rituali religiosi e gli attacchi ai simboli della religione cristiana.
Si sospetta che il gruppo incendiario faccia parte di una formazione Jihadista. Le manifestazioni di protesta avvenute nei quartie di Damasco hanno fatto leva su uno slogan: ”Pretendiamo i diritti dei cristiani”. Tutto questo lascia aperto un inquietante scenario: come faranno a restare uniti i vari gruppi in questa babele di fedi e di etnie?
C’è il rischio che Al Jolani instauri un regime oscurantista come è accaduto in Libia o in Afganistan. Non possiamo basarci sulle promesse di un leader che fino a 6 anni fa faceva parte di organizzazioni terroristiche e sulla cui testa pende una taglia da 10 milioni di dollari. Con così tanti gruppi e’ difficile un dialogo inclusivo.
BETLEMME IN GINOCCHIO, UCCISI 5 GIORNALISTI
Un segnale positivo comunque c’è stato: in un primo tempo Israele aveva vietato al cardinale Pizzaballa di andare a Gaza. Poi il governo Netanyau si è ricreduto e Pizzaballa è andato a Gaza e poi a Betlemme,nella chiesa della Natività, nella città santa, e ha celebrato la nascita di Gesù davanti a centinaia di persone; pochi i pellegrini.
Il patriarca (dal 2020) di Gerusalemme, biblista italiano dell’Ordine dei frati minori, e’ stato accolto da cartelloni inequivocabili:”Stop al genocidio”, “I nostri bambini vogliono giocare e ridere”. E’ mancato il tradizionale albero in piazza della Mangiatoia ma per il secondo anno le autorità locali hanno preferito non organizzare celebrazioni elaborate.
Commuove l’apertura, non scontata, di Israele lascia intuire uno spiraglio di ritorno alla normalità. Ma è meglio non illudersi troppo:i negoziati sono in stallo e nella notte di Santo Stefano un raid israeliano su Gaza ha fatto almeno 10 morti, tra loro 5 giornalisti della Tv palestinese Al-Qud Today, legata alla jihad islamica, nel centro della Striscia di Gaza; erano a bordo di un furgone parcheggiato a Nuseirat nelle vicinanze dell’ ospedale al-Awda