“Siamo sicuri che queste maestre possano continuare a fare il loro lavoro?” Ecco la domanda che sui social ha trovato di recente uno spazio enorme.
L’interrogativo è nato dopo che una maestra di quinta elementare ha chiesto ai suoi alunni durante l’ora di religione. “Credi ancora a Babbo Natale?”.
E’ avvenuto a Coverciano, non lontano da Firenze e subito si è scatenato il putiferio. E è successo anche a Genova, stessa scena.
Perché i fanciulli, tornati a casa, hanno chiesto ai genitori: “Mi avete mentito non so per quale motivo”.
Imbarazzo, sconcerto, poi la reazione con una Pec inviata alla direttrice dell’istituto che ha aperto una inchiesta.
Per la cronaca si deve ricordare che dei bambini in classe sei hanno risposto si, sei no e un paio sono rimasti nel vago: forse.
Chi ha i capelli bianchi o anche grigi non avrà dimenticato i giorni in cui si attendeva l’arrivo della notte di Natale.
I genitori consigliavano ai propri figli di andare a dormire presto in attesa che durante la notte sarebbero arrivati i doni; ai nostri tempi a portarli era soprattutto Gesù Bambini, poi ha prevalso il continentale Santa Klaus. Noi ragazzini ubbidivamo subito per evitare che i regali potessero tardare.
Chiedevamo solo a mamma e papà di poter rileggere la letterina che avevamo scritto rivolgendoci a Babbo Natale. Insomma, volevamo esser certi di non aver sbagliato nulla.
Ricordi meravigliosi della nostra infanzia che a Coverciano una estroversa insegnante avrebbe voluto cancellare.
Perché? Per quale ragione la maestra si è sentita in dovere di interrogare i giovanetti che ascoltavano in silenzio?
Sfugge a noi, che ormai siamo diventati nonni, il motivo per cui si è voluto tenere un simile atteggiamento.
Per apparire più moderna, più “à la page” con i tempi che corrono?
O forse per togliere ai suoi alunni una illusione che invece accarezzavano e li faceva sentir felici?
Scriveva Giacomo Leopardi: “Le illusioni sono false”. Si, però crederci poteva rendere allegre giornate d’inverno piene di freddo e pioggia.
Non si sa se la maestra sia mamma o meno. Se si, sarebbe importante capire come lei si comporta con le proprie creature.
Da padre, con figli ormai sessantenni o quasi, vorrei sperare che la signora non abbia messo al mondo bambine o bambini perché in questo caso toglierebbe loro una gioia momentanea, ma pur sempre una gioia.
L’episodio ha messo in crisi molte famiglie perché una volta tornati a casa, la domanda più insistente dei fanciulli è stata questa: “Perché mi avete detto una bugia? Forse non mi credete ancora grande e volete che io possa rimanere il piccolo di una volta.
Debbo confessare che se mi fossi trovato (tanti anni fa) dinanzi a simili interrogativi sarei rimasto interdetto.
Primo: perché ero stato preso con le mani nella marmellata; secondo: avrebbero potuto credere in futuro a quel che gli dicevo, magari con un predicozzo.
Certamente, non siamo più agli anni cinquanta, forse meno: i tempi sono cambiati, così come le abitudini.
Però determinate credenze, anche se poco veritiere, davano e continuano a dare ai fanciulli giorni di aspettativa e felicità.
Ci chiedevamo in cuor nostro: “siamo stati bravi tanto da meritare i doni; o, al contrario, disubbidendo e magari non studiando, abbiamo illuso i nostri genitori?”
Ecco le domande che si dovrebbero porre all’insegnante di cui non vogliamo sapere né il nome, né l’età.
Forse sarebbe bene se si interrogasse e pensasse ai giorni in cui lei aveva sette, otto, dieci anni. Credeva in Babbo Natale oppure papà e mamma le avevano confessato in anticipo che era tutto falso e che solo i suoi genitori avrebbero potuto esaudire le richieste rivolte con le letterine a chi di dovere?
L’augurio è comunque che la maestra possa continuare ad insegnare, se possibile cambiando metodo e confessare a sé stessa di aver sbagliato.
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