In un paese civile possono due poteri dello Stato combattersi ogni giorno per far valere le loro tesi? Per essere più chiari: possono magistrati e politici duellare neanche fossero la maggioranza e la minoranza del Paese?
In parole ancora più semplici: può l’Italia pensare di progredire se il legislativo promuove una legge e il giudiziario gliela boccia il giorno dopo?
Lo capirebbe anche un giovanetto al primo anno della facoltà di giurisprudenza che la situazione non può rimanere questa, che è impossibile continuare a litigare se vogliamo che il futuro sia migliore del presente per le generazioni dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Magistrati e politici a testa bassa
Eppure, nonostante l’evidenza dei fatti, nessuno dei due contendenti arretra nemmeno di un metro. Si arriva a mettere sotto inchiesta la premier, due ministri e un sottosegretario alla presidenza del consiglio, roba da far impallidire il resto del mondo.
Mentre si risponde che una parte dei giudici è troppo politicizzato, lo dimostrano gli eventi degli ultimi giorni tanto che Giorgia Meloni lo dice in maniera chiara: “Se vogliono far politica si candidino e poi potranno combattere tutte le battaglie che vogliono”.
Sono parole pronunciate tempo fa dallo stesso Matteo Salvini, quando ancora non si conosceva la sentenza di assoluzione per il processo di Open Arms. Vuol dire questo che l’esecutivo ha ragione da vendere? Assolutamente no.
Una guerra a tout azimut
Significa che purtroppo la guerra non riguarda il singolo, ma coinvolge l’intero esecutivo, tanto è vero che pure il ministro Antonio Tajani si è espresso nello stesso modo.
E’ troppo facile comprendere che così non si può andare avanti. Adesso, governo e opposizione sono entrati a gamba tesa nel braccio di ferro: l’opposizione ritirandosi sull’Aventino, dichiarando che fin quando la Meloni non verrà a riferire in aula i segreti della “fuga” del generale Almasri diserteranno i banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama.
Si replica che se Piantedosi e Nordio non parleranno del caso è solo perché i magistrati li hanno messi sotto inchiesta (è così?) e loro vorranno leggere le carte prima di esprimersi.
E’ una grande confusione, insomma, che lascia perplessi chi legge un giornale o ascolta la tv. A volte, la prosa dei contendenti è talmente difficile che la maggioranza della gente si annoia e cambia argomento, preferendo magari sapere le ultime sul festival di Sanremo o capire quale squadra avrà la possibilità di aggiudicarsi lo scudetto.
Niente da fare: le prime pagine dei quotidiani e le prime notizie dei tg sono appannaggio dello scontro: colpa dei giornalisti e di chi fa informazione? Una parte dell’opinione pubblica la pensa così, ma ritengo sia uno sbaglio perché non si possono “nascondere” i fatti che sconvolgono il Paese.
Le parole si fanno pesanti, si va spesso oltre il limite, ma questo non frena i due avversari. “C’è una crisi di fiducia nella magistratura”, sostiene chi è contro il potere giudiziario. “Non è vero: si sta andando alla deriva, tanto che si parla di “Monarcato” (il termine è appannaggio della prima pagina del Manifesto).
Le notizie che fanno da contorno non sono da meno: sono settimane, ad esempio, che si discute se il ministro Daniela Santanchè deve dimettersi o meno. “E’ stata rinviata a giudizio, è il minimo che possa fare”, si dice.
Fratelli d’Italia, il suo partito, si pronuncia? Servendosi del politichese, cioè di una lingua quasi incomprensibile. Allora? La responsabile del turismo tira dritto: “Io me ne frego del giudizio degli altri. Solo se Giorgia Meloni lo vuole io lascio la poltrona”.
Forse, sarebbe il caso che tutti facessero un passo indietro. Non perché hanno capito che hanno torto, assolutamente no. Dovrebbe prevalere il buon senso e la razionalità. Un esame di coscienza è indispensabile se non vogliamo che questo divario fra due poteri dello Stato (e oltre) possa portare il Paese a sbattere contro un muro. In questo caso di chi sarà la responsabilità?