Non si era mai visto : che nel momento in cui il ministro della giustizia stava per prendere la parola i magistrati in aula, sventolando la Costituzione e muniti di coccarde tricolori, uscissero dall’aula in segno di protesta.
E’ successo a Napoli nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Il governo ci sottomette”, sostengono i manifestanti senza peli sulla lingua.
Il fatto è eccezionale perché un potere dello Stato non si era mai ribellato ad un altro potere dello Stato. Avviene anche questo nell’anno di grazia 2025.
Perché? Si dice no alla separazione delle carriere: Pm da una parte, giudici dall’altra. “E’ un modo come un altro per toglierci l’autonomia di cui godiamo da sempre”, ripetono.
Cittadini delusi dai magistrati
Quale meraviglia dovrebbe esprimere l’opinione pubblica, cioè noi che andiamo a votare dinanzi ad episodi del genere? Sconcerto? E’ poco? Sbalordimento? Di più. Meraviglia? Imbarazzo? Sbigottimento? Perplessita? O tutte insieme queste reazioni? Forse, il sostantivo più appropriato è delusione, senza aggiungere aggettivi.
Perché protestano così tanto le toghe italiane? Pensano che la riforma sia un guaio per la giustizia che ne pagherà presto le conseguenze. Sono scatenate le toghe in aula e fuori, perché a Napoli si è toccato il vertice, ma in molte altre città il fenomeno si è ripetuto.
Il governo risponde che in questa maniera si darà più spazio alla difesa per preparare meglio quello che dovrà fare. Niente, non ci sono argomenti o promesse che possano placare gli animi di quanti protestano. Sciopero: questo è il termine più appropriato per far capire a chi legge quello che è successo ieri in Italia.
Giudici in sciopero
I giudici che incrociano le braccia ed escono dall’aula nel momento in cui Carlo Nordio dovrebbe spiegare le ragioni di questa riforma. Capeggiati dall’Associazione nazionale magistrati non vogliono nemmeno sentire quel che ha da dire il Guardasigilli. “Cambiare molto per non cambiare nulla”. Ricordate il Gattopardo e quel sosteneva il padrino di quella famiglia?
Ora si può capire e giustificare tutto, ma non si comprende perché la magistratura non debba essere in sintonia con i tempi che cambiano. Ad esempio, l’incolumità di quanti amministrano la giustizia.
Per quale ragione un medico, un avvocato, un giornalista possono essere accusati di aver svolto male (forse con dolo) il loro lavoro ed essere perciò rinviati a giudizio?
Il giudice no: potrà difendersi dinanzi ai suoi colleghi del CSM che è l’organo di autogoverno della magistratura.
Tutto in famiglia, dunque. E’ giusto? Stavolta si, sarebbe necessario un sondaggio che dica chiaramente come la pensano gli italiani.
“Vogliono sottometterci all’esecutivo, spadroneggiare quindi”, insistono gli scioperanti. Giorgia Meloni risponde con calma. “Non ci sarà nessuna Apocalisse, ve ne accorgerete”. “Sono gli ultimi cascami del berlusconismo”, replicano le toghe.
Ma Nordio li smentisce e li placa: “Potrete accorgervene di persona che il vostro potere non sarà scalfito. Ma se non volete nemmeno sentire le mie parole!”
Dai Palazzi, i commenti sono pochi, non si vuole ingarbugliare una situazione che già ne presenta molti di problemi. Da Via del Nazareno, poche reazioni senza la minima importanza. Però, c’è chi spiega un simile atteggiamento rammentando una precisa presa di posizione di alcuni esponenti di rango del Pd.
Era il 2022 e Serracchiani, Del Rio, Guerini, Orfini ed altri sottoscrissero una dichiarazione in cui si diceva con estrema chiarezza che “Il tema della separazione delle carriere è ineludibile in un giudizio terzo e imparziale”. Chi ha buona memoria…