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Mario Draghi, un nome, una garanzia o chimera? Potrà fare ben poco sui migranti, salverà l’Europa? non scherzate

Mario Draghi, un nome, una garanzia. O una chimera? Alla fine, per salvare questa Europa con l’acqua alla gola ci penserà (speriamo) un italiano, Mario Draghi.

Giorgia Meloni esulta, lo considera l’uomo che cambierà il volto di questo vecchio e malato continente. Proprio il contrario di quel che pensava e pensa di Paolo Gentiloni. Si sveglierà l’Europa? “Oggi dorme”, sostiene Matteo Renzi. “Su tutto”.

Allora in questi nove mesi che mancano alle elezioni europee si debbono unire gli sforzi. Niente egoismi, nessuna iniziativa che possa bloccare il nuovo corso. Lasciamo stare i personalismi, le bandierine per dimostrare che sei stato più bravo degli altri.

Ora è arrivato il “tempo del fare”. Con un’Europa al collasso sarebbe pazzesco non capire che bisogna agire subito. A Lampedusa, il confine di tutti gli Stati non solo il nostro, gli hotspot non hanno più un piccolo giaciglio per dormire, per riprendere le forze dopo un viaggio esasperante e pieno di pericoli.

Il presidente Ursula Von der Leyen, tardi ma comunque prima del fallimento totale, si rende conto dello sfascio, comprende che non è più il tempo delle chiacchiere e delle promesse che non vengono mantenute. Per questa ragione si affida al miglior personaggio che vive ad un passo da Roma e si raccomanda affinché la situazione migliori in fretta, prima del 9 giugno del 2024 quando gli elettori saranno chiamati alle urne per giudicare che cosa sia stato fatto.

Tutto ciò non toglie i personalismi quasi obbligatori anche e specialmente da noi. Elly Schlein e Giorgia Meloni sanno che quella data sarà fondamentale.

Per il segretario del Pd a conferma che la svolta a sinistra non abbia nuociuto al partito ed abbia confermato la sua intelligenza. Per Giorgia, invece, si tratta di una conferma dopo il suo ingresso a Palazzo Chigi. Se non avesse gli stessi voti, che cosa potrebbe succedere a lei stessa e al suo esecutivo?

Sia l’una che l’altra intuiscono il pericolo e vorrebbero occupare per intero i posti da capolista per blindare le preferenze. Ma questi sono giochi che importano poco o nulla all’Europa. I problemi sono altri e di più grande interesse.

In primis, la difficoltà dei migranti. Nel 2023 ne sono già arrivati in Italia 84.827: non si sa più dove metterli visto che Francia e Germania si sono chiamate fuori dall’invasione e non ne vogliono sapere di riceverne altri.

Così, il peso è tutto sulle nostre spalle perché la polemica non si placa. Anzi raddoppia. Matteo Salvini dice senza mezzi termine che la politica dell’Unione Europea in questo campo è stato un fallimento totale; la sinistra incalza e punta il dito contro la maggioranza che non ne ha azzeccata una.

La Meloni è preoccupatissima; la Von der Leyen, cerca in tutte le maniere di gettare acqua sul fuoco e nel suo ultimo discorso ha voluto accontentare un po’ tutti. Ma questo purtroppo non significa risolvere i problemi.

In Italia, il governo continua a sostenere che bisogna fermare gli scafisti in partenza, ma il tentativo non ha dato risultati in precedenza. C’è chi sostiene invece che occorre togliere gli scafi agli scafisti. Però si va avanti a tentoni e adesso si spera che l’intervento di Mario Draghi possa risollevare la situazione soprattutto per quanto riguarda i bilanci molti dei quali in rosso.

Da noi, le casse dello Stato sono vuote e si va alla ricerca di molti miliardi (che non ci sono) per evitare che la crisi diventi irreversibile.

Come abbiamo visto, l’Europa è allo stremo anche per colpa di chi in tutti questi anni non ha saputo affrontare i problemi e li ha solo rimandati. In maniera che oggi la maggior parte dei governi piange. Si debbono tamponare le responsabilità di altri.

La speranza, ora, è che un uomo come Mario Draghi (che con l’Europa ci ha vissuto da sempre) possa respingere il collasso e far tornare il sorriso da Roma a Bruxelles passando per Berlino e Parigi. Non è solo un augurio: è un sogno, una chimera, ma pure una fiducia che ha sempre aiutato il paese chiamato Italia.

 

Bruno Tucci

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