Ogni giorno Matteo Renzi straparla di Giorgia Meloni. In negativo, s’intende. Si serve del suo quotidiano, di cui è direttore editoriale.
E scrive peste e corna del premier. “Dice bugie da Oscar”, “dribbla sempre gli argomenti ai quali non sa rispondere”. La più recente stoccata è più secca: “Giorgia è gia in affanno, ma è brava a nasconderlo”.
In dialetto napoletano, lo specchio è chiamato “u tale e quale”. Sarebbe bene che l’ex presidente del Consiglio usasse più di frequente lo specchio. Per la semplice ragione che in affanno è proprio lui. Dal giorno in cui il Paese ha detto un chiaro no al suo referendum, le sta provando tutte pur di rientrare nel giro.
Per un breve periodo, invece di mollare la politica (come aveva promesso in caso di sconfitta) divenne il segretario del Pd. Scarsi risultati che lo portarono a mollare la prestigiosa poltrona di via del Nazareno.
Da allora, è cominciata la sua “via crucis” con l’obbiettivo di non sparire. Un giorno botte a sinistra, un altro a destra nel tentativo disperato di ricreare un centro che per anni con la Dc aveva guidato l’Italia. Un comportamento singolare (è il termine giusto?) che ha innervosito gli abitanti del Palazzo, i quali hanno ritenuto opportuno non fidarsi più del Renzo politico.
Qualche colpo di coda è riuscito a darlo, schierandosi e difendendo a spada tratta il governo Draghi, ma i proseliti non sono stati tanti visto che il premier fu costretto a lasciare Palazzo Chigi.
Credendo fermamente nel ritorno di un grande centro, insieme con Carlo Calenda, tentò la scalata con il terzo polo che divenne ben presto il quarto se non il quinto per i risultati ottenuti dalle elezioni. La luna di miele con Calenda durò lo spazio di un mattino.
Entrambi prime donne non ci pensavano nemmeno a diventare secondi. L’accordo svanì insieme con il loro sogno. Intelligente e preparato, Matteo si accorse che non era male andarsene periodicante negli emirati a dar lezioni di politica.
Un disegno niente male se dobbiamo stare ai dati dell’agenzia delle entrate che lo hanno proclamato vincitore assoluto dell’anno con più di tre milioni di reddito denunciati.
Insegna un vechio e sano adagio: “il lupo perde il pelo, non il vizio”. Ed a Matteo il fatto di restare ai margini di “quelli che contano in politica” non è andato e non va giù. Ecco perché adesso interviene spesso con staffilate che non hanno colore.
“Purchè si parli di me”, questo il suo credo. Il motivo? La paura di scomparire e di restare in periferia se non peggio. La sua idea continua ad essere quella di un ritorno del centro, capace di allontanare gli estremismi di destra e sinistra che fanno sempre capolino, malgrado se ne dica il contrario.
Esempi emblematici: la svolta della Schlein che vuol ridare un nuovo volto al partito (certamente con lo sguardo portato sempre più a sinistra) e la fiamma tricolore che ricorda il passato del Movimento Sociale di Giorgio Almirante (celebre il suo lead in un comizio di tanti anni fa a Piazza del Popolo a Roma. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”).
A Renzi, quindi, non piacciono i duelli, le continue polemiche tra Guelfi e Ghibellini che non portano a nulla. L’ultima in ordine di tempo ha per protagonista il ministro Gennaro Sangiuliano che vorrebbe dare il nome di una via della Capitale ad Antonio Gramsci.
Potrebbe apparire strano, ma i più accaniti oppositori sono stati alcuni esponenti del Pd, forse invidiosi di essersi fatti sfuggire una occasione unica. Renzi finge di stare alla finestra, in verità lavora sottobanco, certo com’ è di poter rubare voti ad entrambe gli schieramenti quando si tratterà di andare a votare per le elezioni europee.
Di Elly non si interessa molto, ci pensano i compagni del suo partito a farla vacillare, tanto che il segretario dei dem è preoccupata dai sondaggi. La favorita di Renzi è oggi Giorgia Meloni e basta comprare o leggere il suo giornale per rendersene conto.
Il motivo? Matteo spera che le divisioni nel centro destra possano portare acqua al suo mulino. In specie se ficca il naso tra i seguaci di Forza Italia. Quanti se ne vogliono andare dopo la morte di Berlusconi? “Spero siano parecchi”, sussurra l’ex pressidente del consiglio.
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