Medioriente in fiamme. Gli israeliani colpiscono duramente Hezbollah per riportare a casa gli sfollati nel Nord. La Galilea è svuotata, le alture del Golan (territorio annesso da Israele a seguito della guerra del Kippur, ottobre 1973) deserte. Ecco perché Netanyahu non può accettare la proposta di cessate il fuoco in Libano. Ecco perché tira dritto e dice no alle tregua. Dunque continuano i raid aerei su Beirut. L’obiettivo è chiaro : fare terra bruciata attorno ad Hassan Nasrallah, il religioso e politico libanese, il capo di Hezbollah, l’architetto di tutte le azioni terroristiche (7 ottobre in testa); un leader sempre più solo ma difficile finora da neutralizzare perché si muove di continuo. Tuttavia la serie di omicidi mirati effettuati da Israele hanno accresciuto la sua solitudine. Praticamente è senza luogotenenti. Decapitata la catena di comando militare della sua organizzazione terroristica. L’ultimo ad essere eliminato è stato il capo delle forze aeree Muhammad Hussein Sarour, l’uomo che gestiva i droni, sia quelli di ricognizione che i terribili droni-kamikaze carichi di esplosivo; droni capaci di eludere il sistema missilistico americano “Iron Dome” utilizzato per la protezione di Israele.
Inutile illudersi, inutile il pressing globale; “stop al genocidio”, come invoca da tempo Abu Mazen, il quasi 90enne presidente della Palestina, successore di Arafat (deceduto nel novembre 2004). E “stop alle armi”, come premono (inutilmente) Biden e Macron. Niente da fare, Bibi non cede. E questo principalmente per due motivi. Primo, finché Nasrallah lancerà razzi sul Nord, Tel Aviv andrà avanti. Secondo, se Netanyahu cede, cade il governo, come assicurano i partiti dell’estrema destra religiosa ultra ortodossa, in testa un trio granitico: Potere ebraico, Sionismo religioso e gli ultra nazionalisti e populisti di Noam. Tre partiti che non fanno sconti.
Lo dicono per primi gli USA e intanto inviano altri 8,7 miliardi a Tel Aviv. Netanyahu prima finge di aprire, poi ci ripensa. Nel frattempo i morti nella Striscia di Gaza sono oltre 41 mila, gli sfollati libanesi più di 90mila. Hezbollah ha accumulato negli anni (dal 2005 ad oggi) qualcosa come 130mila fra razzi e missili russi. E può contare su 20mila soldati ed altrettanti riservisti. E in Siria nasconde un numero imprecisato di carri armati del T-55 e del T-72, pronti ad entrare in scena. L’Iran continua a minacciare mentre Damasco tace. In compenso si agitano di nuovo gli Houthi che dallo Yemen sparano missili balistici. Uno scenario che lascia poco spazio alla speranza.
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