Medioriente contro Trump. La provocazione-proposta del neo presidente USA (“Via i Palestinesi da Gaza”) è stata immediatamente respinta al mittente. Sono arrivati i no secchi da Amman al Cairo. Il “trasferimento “ dei Palestinesi in Giordania ed Egitto è stato bocciato su tutta la linea. Il tycoon ci ha provato ma gli è andata male. Nel frattempo l’esercito israeliano ha sbarrato la strada agli sfollati che spingono per tornare nel Nord. Dunque Gaza resta sospesa tra presente e futuro. Il blocco dei profughi caduti nel dramma non è un bel segnale. Anzi.
Alta tensione tra Israele e la milizia palestinese
Una tensione crescente che sta mettendo la tregua a rischio. Dopo i primi ostaggi rilasciati (le tre donne israeliane tornate libere domenica 19) e dopo lo show di Hamas alla liberazione delle 4 donne soldato (sabato scorso) il clima si è fatto rovente a causa del mancato via libera ad un altro ostaggio civile (la 29enne Arbel Yehut). Sembrava che Arbel fosse destinata a lasciare Gaza già nel primo mini gruppo, poi nel secondo. Niente da fare. Ora questo intoppo rischia di gettare nuova benzina sul fuoco dei rapporti tra Israele e le milizie di Hamas; mettendo così in pericolo la già fragile tregua nella Striscia.
Preoccupati gli operatori umanitari della città palestinese. Hanno fatto sapere del blocco di decine di miglia di sfollati e ciò inquieta il teatro bellico. Oltretutto Israele accusa Hamas di aver commesso due violazioni dell’intesa sul cessate il fuoco a Gaza. Tel Aviv è furiosa. Oltre al mancato rilascio di Arbel, il governo Netanyau sostiene che l’elenco dettagliato delle condizione degli ostaggi per la fase 1 “non è stato ancora presentato”. Di conseguenza Tel Aviv ha deciso appunto il blocco profughi, complicando i già difficili rapporti. Tuttavia resta uno spiraglio aperto. Sono in corso infatti colloqui per garantire il rilascio di Yehud da Gaza dove si ritiene sia tenuta prigioniera dalla Jihad islamica palestinese dal famigerato bliz del 7 ottobre 2023. Entro venerdì il caso potrebbe essere risolto.
Morti e feriti in Libano
Tel Aviv ha aperto il fuoco nel sud del Libano che è tornato così ad infiammarsi dopo 2 mesi di tregua. Almeno 22 persone, tra cui 6 donne e 1 soldato, sono state uccise sotto il fuoco israeliano mentre cercavano di tornare nei loro villaggi. Così almeno ha detto il governo di Beirut. Resta il fatto che Israele accusa Hezbollah di incitare i civili alla rivolta e critica l’esercito libanese per la mancata gestione delle milizie sciite. Di conseguenza il termine per il ritiro dell’Idf a favore dell’esercito libanese è dalla missione Onu e’ saltato. Di qui la giornata di sangue. La situazione al confine resta tesa e incerta.