L’Italia è un Paese senza memoria. Senza memoria storica. Figuriamoci quindi per la memoria politica. Però, bisogna ammetterlo, questa volta il presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è davvero superata.
Al Senato, rivolgendosi alle opposizioni, ieri la Meloni ha detto che anche loro dovrebbero appoggiare la nomina di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo della Commissione perché, in fondo, “è quello che noi abbiamo fatto nella scorsa legislatura all’atto della nomina di Paolo Gentiloni, quando proprio Raffaele Fitto – in rappresentanza di Fratelli d’Italia – si espresse a favore del candidato italiano e conseguentemente il gruppo di Ecr votò in suo favore, e addirittura il presidente Silvio Berlusconi chiese di partecipare ai lavori di una commissione che non era la sua, per poter prendere la parola e intervenire a sostegno di Paolo Gentiloni. Ci sono momenti in cui l’interesse nazionale deve prevalere su quello di parte e mi auguro sinceramente che questo momento sia uno di quelli, senza distinguo e senza tentennamenti”.
Tutto bellissimo. Quasi commovente. C’è solo un piccolissimo, ma davvero piccolissimo particolare.
All’epoca, quando si agì per la nomina di Paolo Gentiloni a commissario europeo, beh, le cose non andarono proprio come ha raccontato la Meloni.
Le opposizioni lo hanno ricordato in Aula ieri. “Il 5 settembre 2019 – ha spiegato il capogruppo del Partito Democratico al Senato, Alessandro Alfieri – Meloni chiamò addirittura alla piazza contro gli inciuci scrivendo ‘no grazie a Gentiloni’ (come commissario Ue, ndr). Per amore di verità, noi non accettiamo lezioni di stile, noi sappiamo come comportarci”.
E ancora: “Infatti, è vero che nella Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, quando i coordinatori dei dipartimenti decisero in merito all’audizione di Paolo Gentiloni, da parte del Partito popolare europeo e dei Conservatori europei non ci furono osservazioni contrarie. Non ci fu realmente neanche un voto, perché funziona così all’interno della Commissione. Poi, quando andarono a votare per la Commissione, il gruppo di Ecr (i Conservatori, ndr) si spaccò e i deputati europei di Fratelli d’Italia votarono contro l’intera Commissione. Questo per amore di verità”.
Su quel che all’epoca ancora si chiamava Twitter, per esempio, la Meloni, parlando di Gentiloni commissario europeo, qualche giorno prima della nomina ufficiale, scriveva:
“A volte ritornano! I cittadini li hanno cacciati dalla porta con le elezioni, il M5S li fa rientrare dalla finestra con l’inciucio. Il 9 settembre tutti in piazza Montecitorio per mostrare il nostro dissenso verso il governo degli inciuci e delle poltrone!”.
Lo stesso Fitto, proprio lui, scrisse: “Indicazione di #Gentiloni come Commissario #UE è l’ultimo frutto avvelenato del “patto delle poltrone” tra #M5S e #Pd Nominare il presidente del PD, partito ridimensionato alle Europee, è il sovvertimento della democrazia: chi perde le elezioni governa e nomina il Commissario UE”.
Anche Matteo Salvini, parlando al Senato della nomina di Gentiloni, all’epoca disse: “È un commissario controllato. Vi hanno rifilato una sòla”. Esatto, sòla, con l’accento. Insomma, questo era il patriottismo a cui si è riferita ieri la Giorgia nazionale? Ma d’altronde dal governo sono mesi che si prova a riscrivere la storia, il presente e anche un po’ il futuro. Tanto, per ora, agli italiani sembra andare bene. Anzi, benissimo.