Non si può nascondere: a Palazzo Chigi il nervosismo è evidente, si tocca con mano. Il fallimento di eleggere per l’ottava volta Francesco Saverio Marini alla Corte Costituzionale ha mandato in tilt la premier che era certa di vincere dopo aver organizzato la ottava votazione finita, invece, con una sconfitta.
363 voti per promuoverlo non bastavano, necessario quindi trovare una via d’uscita che non c’è stata. Ecco perché Giorgia Meloni ha perso la pazienza e ha inveito contro chi l’aveva tradita ancora una volta.
Chi? Nessuno ne parla ufficialmente, ma rumors e pettegolezzi ritengono che il nome più ripetuto sia quello di Giuseppe Conte. Ancora lui? Pare di si. Non c’è dubbio che, come in precedenza, la politica italiana non si può mai prevedere. Nonostante la stabilità del governo e la sua indiscutibile maggioranza.
Ad un tratto, però, si deve votare per un giudice della Corte Costituzionale e la legge dice che ci vogliono più preferenze di quel che servono in genere.
Capita tutto quello che nessuno prevede: l’opposizione si ritira sull’Aventino (dove ironicamente si insinua che abbia preso la cittadinanza), la maggioranza si rende conto che non ha i voti necessari per il prediletto del presidente del consiglio e vota scheda bianca.
“Ora basta”, sembra aver gridato Palazzo Chigi. “Adesso ogni otto giorni si tornerà a votare”. E’ vero? Pensiamo di no, perché queste sono parole pronunciate in un momento di estremo nervosismo. Allora quale strada prendere? In che modo si risolverà questo increscioso episodio? Previsioni è impossibile farne con i tempi che corrono. L’unica cosa certa è che la politica sta dando il peggio di sé.
Qualcuno si ritira su un colle famoso di cui si è parlato più volte nel corso della nostra storia; altri vanno alla ricerca di un valido espediente; infine, c’è chi briga per trovare un’escamotage che non dà risultati.
E’ questa l’aria che si respira nei Palazzi romani. Mai un incontro tranquillo che possa dare un risultato positivo per il Paese; mai un accordo che dia all’Italia quel che tutti si aspettano per i molti problemi che ci assillano. E’ diventato un rebus da cui pare difficile uscire. Nemmeno con gli intrighi e i patti sotterranei. Chi vuole troppo e chi non può andare oltre un certo limite.
Sabino Cassese, una persona preparata e super partes, è dell’avviso che “le barricate non servono a nulla”. Allora quale strada prendere? E’ questo il punto su cui si dovrebbe discutere con maggiore calma e più raziocinio. Si dice che l’elettorato sia scoraggiato e per questo diserta le urne. Assiste solo a liti e ad accuse reciproche a volte infamanti. Non avversari, ma nemici tra i due schiarimenti.
Non si va alla ricerca di un qualcosa che avvicini le due posizioni, ma soltanto di un quid che possa mettere all’angolo chi non la pensa come te. La votazione per eleggere un giudice della Corte Costituzionale ne è un esempio lampante. La Corte, che ha sede a Roma nel palazzo detto della Consulta, è un organo supremo i cui componenti dovrebbero dimenticare le loro “simpatie” politiche. Ma come si fa se tu a quel posto ci sei arrivato perchè sei di una parte e non dell’altra?
La speranza è che dopo questa ennesima brutta figura il Parlamento scelga una via diversa: non quella di combattersi all’arma bianca, ma piuttosto quella di un patto che possa avvicinare i due schieramenti in modo da lavorare non per curare il proprio orticello e basta. C’è un intero Paese che invoca una tregua ed un nuovo cammino. Altrimenti non ci saranno scorciatoie che tengano: si andrà a sbattere per la felicità dei nostri figli e dei nostri nipoti.
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