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Meloni calza un elmetto, il regolamento di conti dopo le elezioni in Basilicatata in aprile

Ha ragione Giorgia Meloni quando dice che è pronta a mettersi l’elmetto da oggi fino alle europee di giugno? Più semplicemente, ha davvero in animo di indossare il casco perché per lei saranno mesi infernali? Si deve difendere da una sinistra che lavora solo per denigrarla. Il futuro del Paese non conta per gli esponenti dell’opposizione indaffarati solo per denigrare il presidente del Consiglio. Eddy Schlein e i suoi fedelissimi si difendono: spazzare via l’attuale esecutivo da Palazzo Chigi vuol dire salvare l’Italia. Poi, ottenuto questo risultato, la situazione migliorerà e l’Italia continuerà a correre come è giusto che sia.

Come sono banali e insignicanti queste battaglie! Dimostrano forse la pochezza della nostra classe politica che non è in grado di risolvere i problemi del Paese con decisioni che salvino l’Italia dal tracollo ecomomico. Poi, ci si meraviglia se la gente non va a votare, se oltre il quaranta per cento degli elettori se ne rimane a casa o va in gita  al mare o in campagna se quel giorno il tempo glielo permette.  

Allora, per affrontare questa battaglia, la premier è pronta a mettersi l’elmetto fin da subito, fin nelle elezioni in Abruzzo. Le critiche dell’opposizione sono comprensibili, anche se a volte pretestuose. Sono quelle degli alleati che lasciano perplessi  e sbalorditi.

Ecco, quindi, la prima domanda a cui bisogna rispondere: questa alleanza durerà o si scioglierà come neve al sole? Nella triade c’è una Lega che si comporta come se fosse una forza di minoranza. Matteo Salvini vuole a tutti i costi arrivare a sedere sulla poltrona di Palazzo Chigi, pure se oggi non ha nessuna possibilità di raggiungere quell’obbiettivo. Il suo partito è in declino: in Sardegna è andato al di sotto del quattro per cento, una soglia che lo vedrebbe sparire pure nella nuova Europa di giugno. 

Che cosa ha in animo la Meloni? Ufficialmente nulla: è chiaro che in un periodo come questo non si possono rompere patti e accordi che potrebbero davvero portare alla fine dell’attuale maggioranza. Però, se al voto di giugno, Giorgia potesse liberarsi di uno dei suoi vice non piangerebbe lacrime amare.

Con l’elmetto o senza, la prima donna in Italia a guidare il Paese è cosciente che in futuro non avrà la vita facile. Non passa giorno che le arrivi addosso una palla avvelenata. Tutto è lecito per denigrarla. Ad esempio, pure se gli agenti in una manifestazione non organizzata prendono a manganellate i giovani che vi partecipano. Se è sbagliata la reazione dei poliziotti che cosa c’entra la Meloni?  Risponde la sinistra: è lei che guida il Paese ed è lei a dare ordini. Se a Pisa e a Firenze è successo quel che è successo la responsabilità è sopratutto della premier (insieme con il ministro degli Interni da lei voluto nel suo esecutivo). 

Il presidente Mattarella interviene e afferma con forza che i manganelli non servono a nulla. La Meloni è d’accordo e si limita a dire che non bisogna con questo denigrare le forze dell’ordine. Apriti cielo: le sue parole sono considerate come una guerra aperta con il Quirinale e un appoggio al premierato che Giorgia considera la madre di tutte le riforme. 

In un punto, la Meloni non ha ragione e ha difficoltà a difendersi: nella scelta  dei suoi collaboratori che le siedono accanto nella riunione del consiglio dei ministri. Ricorda il “cerchio magico” di Matteo Renzi che non ebbe fortuna dopo un breve periodo trascorso a Palazzo Chigi. 

C’è aria di rimpasto? Di un rinnovamento che potrebbe giovarle? Assolutamente no. Si esclude in maniera tassativa. Tutto questo per il momento, ma se le prossime elezioni regionali non dovessero andare come la maggioranza spera, il ribaltone è possibile. Se ne potrà discutere dopo il voto in Basilicata stabilito per il mese di aprile. Lo schiaffone in Sardegna può passare, ma se poi si dovessero moltiplicare un interrogativo la destra se lo dovrà porre. Lasciando stare gli elmetti, magari tenendoli ben custoditi a casa. 

Mesi duri e difficili: non solo per chi sta al governo, ma anche per l’opposizione che un giorno si mette d’accordo per creare il campo largo e il giorno successivo dice (le parole sono di Antonio Conte) che è sui progetti che bisogna lavorare: un modo come un altro per affermare che di largo non c’è nulla se non il divario che esiste tra Pd e 5Stelle.

 

Bruno Tucci

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