Che cosa vorrà dire per Giorgia Meloni l’avvento alla Casa Bianca di Donald Trump?
A Washington era l’unica europea a partecipare alla festa degli Stati Uniti. “Vorrà significare che si isolerà da Bruxelles e dalla “sua” Ursula von der Leyen”, sostiene una parte della politica italiana, quella dell’opposizione.
“Al contrario”, ritengono i suoi alleati, “sarà l’ambasciatrice italiana che porterà oltre Oceano i nostri problemi per risolverli”.
Non c’è pace nei Palazzi romani: la discordia è perenne e nemmeno in questo caso (che dovrebbe entusiasmarci) le voci contro trovano il modo di mettere zizzania e di creare polemiche.
Meloni unica europea alla inauguration
Potrebbe essere ovvio che l’opposizione vada sempre a trovare il cavillo per attaccare la premier: fa il suo mestiere. Ma in questa circostanza non si capisce la ragione di una simile acredine. Dovremmo essere orgogliosi di aver potuto esser presenti alla proclamazione di Trump senza che altri in Europa siano stati invitati alla cerimonia.
Si ripete il ritornello in voga quando la premier sedette sulla poltrona di Palazzo Chigi. “Sarà un guaio per il nostro Paese”, ritenevano le prefiche. “Gli alleati del vecchio continente ci abbandoneranno, perché non ne vorranno sapere di essere amici di una sovranista. Così addio Europa per noi, dovremo batterci da soli con conseguenze nefaste soprattutto per la nostra economia”.
Insomma, l’Italia isolata avrà poche chances di sopravvivere finché una nostalgica (lo è sempre stato e lo è tuttora) non lascerà Palazzo Chigi.
Smentiti i presagi
E’ avvenuto l’esatto contrario: la Meloni ha continuato a girare in lungo e in largo spingendosi anche contro i confini europei con un successo che nemmeno i più ottimisti potevano prevedere.
Servendosi della padronanza di due se non tre lingue, ha convinto i suoi interlocutori e un settimanale di grido negli Stati Uniti l’ha considerata “la donna dell’anno”. O, meglio, la presidenza del 2024.
Ora, nessuno mette più in dubbio le capacità della nostra premier, solo in Italia deve combattere con gli avversari (e a volte con gli alleati). Le beghe sono tante, il fuoco amico non l’aiuta e talvolta certe affermazioni dei ministri della maggioranza le creano problemi che solo lei riesce a risolvere.
Prima c’è stato il caso di Gennaro Sangiuliano (che ha dovuto dimettersi precipitosamente), ora c’è un nuovo grattacapo perché la responsabile del dicastero del turismo è stata rinviata a giudizio dalla magistratura. Si dimetterà? Giorgia Meloni le chiederà di fare un passo indietro?
Alcune fonti pensano che “sua sponte”, se ne andrà per non creare polemiche che potrebbero continuare all’infinito. Ma Ignazio La Russa (suo amico da sempre) potrebbe opporsi e convincere la Meloni a soprassedere.
Fossero solo questi i guai della premier, lei vivrebbe in pace e in tranquillità perché gli avversari non sanno che cosa significhi il sostantivo unione e continuano a dividersi. Ora, c’è un nuovo tentativo di creare un “centro” che possa convincere i moderati a tornare al voto: quelli che in numero sempre più crescente rimangono a casa invece di andare al seggio elettorale. Ma lo scopo di questa ennesima corrente del Pd vuole solo ridimensionare il ruolo di Elly Schlein, rea di aver portato troppo a sinistra i dem.
Il 2025 sarà dunque un anno particolarmente delicato per la Meloni: beghe interne e molta diplomazia per non mandare all’aria il suo rapporto con Trump. Da cui l’Italia può trarre soltanto benefici.
La speranza è che anche l’opposizione si renda conto di quanto sia importante questo feeling e continui a fare il cane da guardia (legittimo) soltanto nei casi in cui sia sacrosanto intervenire per gli eventuali errori della maggioranza.
Il referendum sull’autonomia non si farà: così ha deciso la Corte Costituzionale: la Lega esulta, parla di una grande vittoria. Chissà se Matteo Salvini la pianterà di inventarsi nuovi problemi per la “sua” premier?