
Meloni da Trump, l’Italia conferma Dante: “di dolore ostello, non donna di province ma b....lo” - Blitzquotidiano.it (foto ANSA)
“Giorgia Meloni a Washington? Saranno trattative umilianti”.
La premier deve ancora salire sull’aereo che la porterà alla Casa Bianca, ma prima ancora di sedersi davanti a Trump irrompono sulla scena le prefiche che prevedono accordi che saranno totalmente negativi non solo per l’Italia, ma forse e soprattutto per l’Europa.
In prima linea quella opposizione che pur di parlar male del governo fa il tifo contro il nostro Paese.
Interessi di bottega, meglio i voti e le preferenze nella speranza di un ribaltone che possa cambiare l’inquilino di Palazzo Chigi.
Sono storie che succedono solo da noi. Nelle altre nazioni del vecchio continente la musica è diversa. Non si punta il dito contro chi governa, si cerca di aiutare chiunque prenda una posizione che possa far bene ai milioni di persone che abitano in quel tratto di Europa.
Meloni parte, sinistra critica

Purtroppo, qui da noi è diverso: non passa giorno che non si trovi un cavillo pur di mettere nei guai l’avversario. Non importa se c’è di mezzo l’interesse nazionale, non importa se da quei colloqui si possono ottenere risultati di grande interesse.
L’Italia tricolore fa storia a sé: litiga, è un piacere dividersi e fare a pugni sugli argomenti che sono sul tappeto.
Così, la Meloni non deve andare a Washington perché il suo viaggio sarebbe inutile, se non controproducente. Ma poi, chi gielo ha ordinato di partire per gli Stati Uniti?
Però a Sanchez è concesso
Borelli, la Boldrini, Conte, la Schlein fanno a gara per vincere e poter dire che l’Italia deve andare in tutt’altra direzione e non inginocchiarsi al presidente americano. Però, nessuno di questi parlamentari si scandalizza se Pedro Sanchez, il presidente spagnolo, sale sull’aereo di stato e vola indisturbato a Pechino. Per fare che cosa? Chi gli ha dato la delega per parlare in nome dell’Europa? In questo caso l’opposizione tace e non alza un dito per scandalizzarsi.
D’altronde, dividersi è un verbo che piace molto ai Palazzi. Lo dimostrano ogni giorno maggioranza e opposizione. A destra, Matteo Salvini e Antonio Taiani la pensano in modo diametralmente opposto; a sinistra, la situazione è ancora più ingarbugliata: nemmeno nel Pd si trova la quadra e le correnti se le danno di santa ragione un giorno si e un altro pure.
Chi legge i giornali e vede la tv riflette: non si dovrebbe stare tutti uniti in un momento così delicato con il mondo in rivoluzione per le cervellotiche decisioni della Casa Bianca? Certo, questo dovrebbe suggerire il buon senso, ma purtroppo non è così.
E’ in questo marasma di si e di no che Giorgia Meloni si accinge a partire per gli Stati Uniti. Il colloquio con Trump è fissato per il 17 aprile e la premier sa che è in gioco la sua qualità di essere un pontiere, oltre che la sua credibilità.
Non sarà semplice, questo è prevedibile, perché la persona che le sta di fronte una ne pensa e cento ne fa. Però, tra i due esistono da tempo buoni rapporti tali che si potrebbe essere ottimisti. I dazi, soprattutto.
Non solo. Sarebbe auspicabile pure un incontro che porti ad un asse Europa-Stati Uniti. In questo caso, potremmo sentirci più forti, in grado anche di costruire un futuro diverso: per difendere i nostri confini ed evitare che il vecchio continente possa essere invaso senza alcun pericolo.
Da noi, comunque, non ci si dimentica di pensare ai fatti nostri. Ad esempio, Luca Zaia e Vincenzo De Luca non se la sentono di lasciare la poltrona di governatore senza disturbare: entrambi stanno pensando di creare liste civiche in grado di battere qualunque avversario. Al diavolo la Consulta che ha deciso di dire no al terzo mandato.
In via del Nazareno, Elly Schlein non sa a chi dare i resti per le insanabili fratture che esistono nel partito. Il campionato di calcio è in subbuglio perché lo scandalo delle scommesse clandestine ha messo in vetrina il marcio che coinvolge lo sport più popolare.
Mentre una foto che appare su tutte le prime pagine di oggi mostra i migranti che scendono dalla nave in Albania per essere trasferiti nei centri voluti da Giorgia Meloni. Sono in manette e francamente questa è una immagine che avremmo voluto non vedere. A che servono i ferri ai polsi?