Volano gli stracci, a destra e a sinistra senza distinzioni. Non solo fra avversari politici (il che in certi termini sarebbe pure comprensibile) ma anche fra gli esponenti di un medesimo partito. Se non hai le stesse idee, anche se appartieni ad una identica fazione, l’importante è sferrare il primo pugno. Accade sia se si parla di maggioranza che di opposizione. L’un contro l’armi armati. Non è una esagerazione: tutto questo si svolge dinanzi ad una opinione pubblica che rimane sempre più sconcertata.
Chi ha ragione e chi torto?
Difficile dirlo se analizziamo quel che sta succedendo all’interno dei Palazzi. Ad esempio, nel centro destra riaffiorano certi contrasti che parevano superati dopo una riunione della triade di governo capitanata dal presidente del Consiglio. Il problema è lo ius scholae, cioè quello di riconoscere ai figli degli stranieri residenti in Italia il diritto di cittadinanza dopo un determinato numero di anni trascorso nelle nostre scuole.
Sembrava superato perché, si diceva, il problema non è e non era nel programma di governo. La pace è durata lo spazio di un mattino perché Antonio Tajani è ritornato all’attacco. “E’ un diritto sacrosanto che non possiamo lasciar correre. Bisogna andare al passo coi tempi se no si rischia l’oscurantismo”. Giorgia Meloni trasecola, non comprende (o pare non comprendere) questo atteggiamento del numero uno di Forza Italia. Deve pararsi il fianco non solo dagli avversari, ma pure dal fuoco amico.
Risolto in parte il caso di Gennaro Sangiuliano che ha dovuto rassegnare (obtorto collo) le dimissioni, ecco affacciarsi un altro, vecchio problema. Per ora la premier tace, non vuole aprire un nuovo fronte, ma se da Palazzo Chigi si usa la diplomazia, la Lega non ci sta. E’ lo stesso Matteo Salvini a tuonare ed a spiegare che non si può aprire una discussione su un tema che non si pone perché fuori dall’iniziativa di governo. Tajani non arretra e invece di preoccuparsi a tutto campo della manovra, rispolvera una “quaestio” che forse era meglio rimandare.
Non si creda che a sinistra, la situazione sia più tranquilla
Elly Schlein ha un solo ritornello, ripetitivo se volete, ma su questo non transige. La nascita del campo largo senza del quale non c’è la minima possibilità di mandare a casa l’attuale esecutivo. Ritiene che questa “battaglia” la si potrà vincere solo se la minoranza rimarrà unita. Belle parole, ma hanno un minimo di successo? E’ difficile che lo abbiano perché anche tra le forze di sinistra non corre buon sangue.
Nei 5 Stelle ormai è guerra. Tra Conte e Grillo si è più che ai ferri corti. “Si crede un sopraelevato” accusa l’ex presidente del consiglio. “Vuole essere lui a dettare le regole e non la base del Movimento. Se questo si avverasse non rimarrei nemmeno un minuto tra i pentastellati”. Siamo dunque alla scissione tra i nostalgici e i cosiddetti progressisti?
Non è da escludere, se la pattuglia dei seguaci di Grillo dovesse aumentare mettendo in crisi le idee di Conte. Il quale non guerreggia solo con l’ex comico, ma anche con Matteo Renzi. “Non deve far parte della coalizione una volta raggiunto l’accordo voluto strenuamente dalla Schlein”.
Secondo quanto spiega con dovizie di particolari, Italia Viva farebbe perdere più voti rispetto al due per cento che si guadagnerebbe con l’apporto di quella forza. Come? Replica il furbissimo numero uno del partito da lui creato? Facendo credere che solo in questa maniera si potrebbe mandare a casa Giorgia Meloni. Aggiunge convinto: “Prima che sia troppo tardi e combini altri guai al nostro Paese”.
Stracci, dunque? Si, ma senza più clamore sul caso Sangiuliano. La sinistra vorrebbe ancora strumentalizzare le dimissioni dell’ex ministro, ma quando a Cernobbio qualcuno ha chiesto lumi sulla dottoressa Maria Rosaria Boccia, il pubblico all’unanimità ha gridato: “Basta”. Più significativo di così! Allora, messi da parte vecchi rancori, si crei una base su cui trovare un accordo soprattutto per calmare l’opinione pubblica che non ne può più di schiaffoni e polemiche che non portano a nulla.