Se Giorgia Meloni ha un nemico in Abruzzo questo si chiama centro. Perché è proprio dal voto moderato che la premier si deve difendere. Diciamolo chiaramente: la gente è stanca delle continue liti che sconvolgono i Palazzi: destra e sinistra se le danno di santa ragione. Ma è pur vero che Schlein e Meloni si debbono guardare le spalle pure dal fuoco amico.
Palazzo Chigi, dalle palle avvelenate che gli scaglia contro Matteo Salvini; via del Nazareno dilaniata dalle tante correnti che spaccano il Pd. Allora, come si comporteranno gli abruzzesi domenica prossima? Manderanno a quel paese gli ultras della politica e torneranno a respirare aria più tranquilla quando in Italia dominava la Dc?
Non sono interrogativi di poco conto, perché se entrambe gli schieramenti dovessero perdere voti a vantaggio dei moderati, l’Abruzzo potrebbe essere un nuovo laboratorio, diverso da quello pseudo-fasullo della Sardegna. A chi daranno la loro preferenza questa schiera di “nostalgici”?
Ecco la domanda delle domande: certo non alla maggioranza che Salvini vuol portare sempre più a destra; non all’opposizione che la Schlein preferisce rivoluzionare a danno dei vecchi dc che non vedono l’ora di potersene liberare. Aspettano solo un flop per assestare un colpo (definitivo?) alla segretaria voluta non dai vertici del partito, ma da frange non meglio identificate che si presentarono il giorno seguente alle primarie.
Posta così la questione, se ne dovrebbe dedurre che a vincere risulterebbe un outsider che per ora non ha un nome ed un cognome. Questo non è pensabile. Perciò, il vecchio centro potrebbe rappresentare l’ago della bilancia per la consultazione del 10 marzo.
Analizziamo il problema: finora l’Abruzzo è stato governato negli ultimi cinque anni da un presidente dichiaratamente grande amico di Giorgia Meloni. Quindi, non ci dovrebbero essere dubbi? No, perché sulle regionali (al contrario del passato) pesa la bilancia della politica nazionale turbata ogni giorno da liti e contrasti che la gente comune spesso non comprende, assillata com’è dai grandi problemi economici che per molti vogliono significare come mettere insieme il pranzo con la cena.
Ragione per cui, un vantaggio per la Meloni potrebbe essere rappresentato da Forza Italia, un partito che molti davano per spacciato dopo la morte di Berlusconi. Al contrario, con Antonio Tajani nuovo leader, lo schieramento più tranquillo della triade potrebbe essere la chiave di volta della prossima consultazione. Per via di quel centro moderato che il dopo Silvio non ha tradito. Conservatori si, ma europeisti senza se e senza ma.
A sinistra, la situazione è più incerta. Anche in Abruzzo si presenterà il campo largo che ha ottenuto un successo insperato in Sardegna. Stavolta ancora più largo con l’aiuto di Carlo Calenda. Però, attenzione: il leader di Italia Viva si è subito affrettato a dire che il cosiddetto campo largo non esiste, perciò la sua alleanza durerà fino alla fine dello spoglio delle schede.
“Votiamo per il duo Schlein -Conte solo perché Luciano D’Amico, il loro candidato, è una gran brava persona di cui ci fidiamo ciecamente”. Ragione per cui, già l’11 marzo ognuno rientrerà nel suo alveo, compreso Giuseppe Conte che nelle grandi questioni internazionali, la vede in maniera diametralmente opposta a Elly.
Stando così le cose, che tipo di laboratorio sarà quello abruzzese? Si potrà definire una prova diversa da quelle precedenti? I commentatori più autorevoli rispondono all’unisono di no. Saranno i vecchi esponenti del centro mai domi, cioè i meno oltranzisti, ad essere determinanti?
Solo il voto potrà rispondere ad una simile domanda anche se chi rischia di più nella “gara” di domenica prossima è la premier. Nel caso in cui dovesse incassare la seconda sconfitta nell’arco di una manciata di giorni la sua popolarità subirebbe un inevitabile stop.
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