Meloni press conference alla moviola, premier uno e quadruplo: di lotta e di governo

Meloni press conference alla moviola. C’era chi aveva previsto che si sarebbe scatenato un putiferio, quanto meno un diluvio.

Invece è caduta una pioggerellina che non ha avuto nemmeno bisogno dell’ombrello.

Tre ore e venti minuti di dibattito, 45 domande, alcune insignificanti, altre pungenti a cui il premier ha saputo rispondere con la calma di un vero professionista della politica.

Ecco, è proprio questa la sorpresa che ha preso in contropiede quanti si auguravano che Giorgia perdesse il controllo dei nervi. Niente di niente, malgrado le tre ore e venti minuti di conferenza stampa, solo un piccolo break, il tempo per andare in bagno.

I maggiori pericoli per il premier venivano sopratutto dagli ultimi “fatti di cronaca” in cui era stato coinvolto un parlamentare di Fratelli d’Italia, definito il pistolero di Capodanno. E’ stato sospeso e se ne occuperanno di lui i probiviri. Conclusione scontata: sarà invitato ad andarsene.

Certo i problemi per il premier saranno tanti, un 2024 pieno di grattacapi. La fortuna – dicono i suoi sostenitori – è che c’è una opposizione che non ha una proposta valida.

Annaspa, continua a dire che le parole del presidente del Consiglio sono bugie, “da oscar”, le definisce Matteo Renzi. Perchè? Dove vuole andare a parare il parlamentare toscano disponibile a parlare con tutti? Per quale ragione?

La verità è che l’inventore del cerchio magico ha paura di finire nel buio dopo le elezioni europee. Cioè non raggiungere la soglia del quattro per cento che vorrebbe significare per lui la fine dei giochi.

Allora, se ne inventa tante e va alla disperata ricerca di voti che possano salvarlo dal naufragio. Non certo, quelli dei Fratelli d’Italia, a cui comunque strizza l’occhio quando si parla di premierato, cioè della madre di tutte le riforme.

Giorgia non si tira indietro quando qualcuno le chiede della sfortunata schiera dei suoi ministri. Vuol dire rimpasto? No, almeno per il momento. Però riconosce che chi fa parte dell’esecutivo deve essere più responsabile e capire sino in fondo quali sono i suoi compiti.

Nomi, nemmeno per sogno. Facile individuarli se si leggono gli avvenimenti degli ultimi mesi. Ciò che più innervosisce il premier è l’accusa di familiarismo. Stavolta è chiara: “Mia sorella è in politica da trent’anni, non si può dire che sia l’ultima arrivata con in tasca un biglietto di raccomandazione firmato premier”.

Su un altro argomento Giorgia è tranchant: la maternità e il lavoro. Non si limita a gridare come le femministe di vecchio stampo guidate quasi sempre dall’onorevole Laura Boldrini. “Non è vero che una donna, diventata madre, debba lasciare il lavoro che ha. No, assolutamente“.

Purtroppo invece – spiega la Meloni – questo avviene ed io cercherò in tutti i modi di eliminare un simile disagio”

“Io, proprio io”: quante volte Meloni ha usato nel suo discorso la prima persona dimostrando forse una fin troppa considerazione in se stessa?

Probabilmente, la verità è un’altra: si rende conto della pochezza di qualcuno dei suoi collaboratori e preferisce non nominarli. “Non voglio che siano gli altri a dare le carte, sono anni che lo fanno. Ora il ritornello è cambiato”.

Troppa sicurezza nel futuro? Certa di poter tagliare il traguardo dei cinque anni della sua legislatura? Sono interrogativi che non hanno una risposta sicura.

Nel lungo dibattito con i giornalisti, un particolare non è sfuggito a nessuno: il fatto che Giorgia ha aperto ufficialmente la sua campagna elettorale per Bruxelles: non sa se si presenterà come candidata, ma è pronta ad un “vis a vis” con Elly Schlein che considera la donna con cui combattere, l’unica che sappia difendere le sue idee.

Una frecciata a Giuseppe Conte? E a chi altro, se no? Ecco le quattro parti del premier Meloni: di lotta e di governo; di maggioranza e opposizione. Senza lasciare spazio agli avversari che non potrebbero avere un simile ruolo: esempio emblematico quello di Marcello Degni, consigliere della Corte dei Conti.

 

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Bruno Tucci