“Maschi contro femmine” è il titolo di un film che oggi potrebbe andare di nuovo in programmazione per quanto riguarda il duello fra Giorgia Meloni e Eddy Schlein. Innanzitutto una premessa: si è sicuri che Giuseppe Conte non riuscirà alla fine ad essere lui il primo avversario della premier?
La battaglia è in corso, soltanto i mesi avvenire ci potranno dire chi l’ha spuntata. Adesso, si parla d’altro: non della lotta politica, non delle vere trappole che potrebbero dar ragione alla destra o alla sinistra.
No, oggi la competizione è su chi sarà il moderatore della trasmissione, cioè l’uomo o la donna che quel pomeriggio o quella sera dovrà fare da arbitro.
Insomma, nell’Italia sempre più divisa tra Guelfi e Ghibellini non ci si preoccupa del futuro del nostro Paese, cioè di chi potrebbe rappresentarlo meglio in avvenire. No, questo è un argomento di second’ordine.
Giorgia o Elly fa lo stesso. Ora, il braccio di ferro ha tutt’altro sapore, la schermaglia (se non la guerra) ha tre obbiettivi: primo, quale rete riuscirà a vincere ed a organizzare il dibattito-scontro. Secondo, chi sarà tra i maschietti-divi colui il quale riuscirà a vincere e ad essere il mediatore tra la premier e la segretaria.
Terzo, last but not least, se i giovanotti non dovranno alzare bandiera bianca dinanzi all’offensiva del gentil sesso (lo è ancora?). Eh, già: non poteva essere così facile la scelta! In fondo, se la lotta maschile era a tre, la soluzione si poteva trovare forse senza alcuna difficoltà. Capitano di lungo corso Bruno Vespa, giornalista di razza.
Vespa ha dalla sua il precedente di avere arbitrato il confronto in tv nel 2006 fra Silvio Berlusconi e Romano Prodi.
Outsider Enrico Mentana che aveva ed ha dalla sua la prerogativa di essere l’inventore delle maratone politiche. E un non meglio individuato collega di Sky, rete che aveva lanciato l’idea (e la domanda a Giorgia) durante la lunghissima conferenza stampa del 4 gennaio.
“Noi chi siamo? Le professioniste sempre lasciate in panchina dal patriarcato”? Eccolo, l’ostacolo improvviso che nessuno si aspettava: quando mai una signora giornalista sarebbe potuta arrivare così in alto?
Sbagliato. Non c’è più la differenza di un tempo quando le donne rappresentavano l’un per cento della redazione (esempio emblematico del Messaggero anno 1959: una sola rappresentante in gonnella contro 120 colleghi con i calzoni). Non si creda che la contesa sia adesso facile ed agevole.
In primo luogo, i nomi delle giornaliste che hanno lanciato l’opa: Bianca Berlinguer, Monica Maggioni e Myrta Merlino. La prima – nomen omen – non ha bisogno di presentazioni, anche perché la sua militanza televisiva è antica, ha molti anni alle spalle. La seconda perché nel suo curriculum c’è scritto che è stata pure presidente della Rai, particolare di non poco conto.
La terza perché nel passaggio da La7 a Mediaset ha abbandonato da qualche mese la politica. Però, quando era sotto l’impero di Urbano Cairo, i parlamentari facevano di tutto pur di essere presenti alla sua trasmissione, “L’aria che tira”.
Dunque, il contrasto si è allargato, è diventato una specie di braccio di ferro tra maschi e femmine. Sui quotidiani e anche in alcune trasmissioni televisive, le previsioni e i pronostici impazzano. I social confermano che l’argomento attira l’attenzione della gente, di certo più che il duello fra Giorgia ed Elly.
Allora, i media ci inzuppano il pane e ne approfitteranno per settimane finché il nodo non sarà sciolto. Possiamo intravedere una maturazione politica (italiana) in questa competizione? La risposta la lasciamo a quanti avranno la bontà di leggere tali brevi note di cronaca. Noi abbiamo la nostra opinione, ma vale assai poco.