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Mes, il tradimento di Conte prodromo della guerra delle elezioni europee, il proporzionale non perdona

No al Mes, dice il governo. Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’economia, sostiene a mezza bocca: “Io lo avrei approvato, ma non era aria!”. 

Tanto per cambiare si scatena il putiferio, volano parole grosse, addirittura ingiurie, mentre la sinistra ripete ancora una volta un sostantivo che è diventato per il Pd un “must”: dimissioni. 

Di chi? Del ministro, naturalmente. Solo per il fatto che ha espresso un’opinione. “Meloni e Salvini non lo vogliono più”, scrivono alcuni giornali, ma al di là delle parole di circostanza, i problemi sono altri.

A Palazzo Chigi e dintorni esplode la bagarre: per non essere presa in contropiede dal leader del Carroccio Giorgia vota contro il “salva stati”. 

Mentre dall’altra parte dello schieramento i 5Stelle si tirano fuori dall’asse con il partito democratico e votano con Fdi e Lega.

Entrambe le decisioni hanno un significato ben preciso. Ragioniamo. Non è da poco tempo che Giorgia si guarda bene da Matteo. 

Gli sgambetti sono all’ordine del giorno e ad ogni piè sospinto vede il suo alleato compiere un passo avanti.

Cioè, essere più a destra di quello che già è.

Per quale ragione il presidente del Consiglio è guardingo? Perché teme che Salvini le possa togliere qualche voto da quando lei è diventata più europeista.

Quali? Proprio quelli “inventati” dalla Meloni dal giorno in cui ha creato Fratelli d’Italia. Il riavvicinamento alla Von 

 Lejen e ad altri leader della Ue hanno leggermente spostato il baricentro di Giorgia. 

Spazio in cui il leghista si infila sempre più spesso in vista delle europee del prossimo giugno. 

Vale la pena di ricordare che si voterà con il sistema proporzionale che vieta gli inciuci e gli intrighi sottobanco. 

Tutti contro tutti, motivo per cui il braccio di ferro riguarda gli alleati a destra come a sinistra.

Il che sta a significare che la triade del governo vacilla, che in futuro il patto Meloni, Salvini, Tajani possa perdere colpi? 

Probabilmente no, però ognuno di loro pensa che è meglio guardarsi le spalle. La Lega cerca di rubare preferenze sia alla destra troppo moderata, sia a Forza Italia che, priva di Silvio Berlusconi, rivela non pochi scricchiolii. 

Forse si pensa troppo alle europee e a forza di far campagna elettorale (già iniziata da tempo), si finisce col perdere di vista l’alleanza che ha portato la “rivoluzione” nell’esecutivo. 

Come si potrebbe chiamare altrimenti il passaggio da sinistra a destra di Palazzo Chigi?

Nella minoranza non si respira un’aria tranquilla per gli stessi motivi che agitano la maggioranza. 

In questo caso è il “duello” Giuseppe Conte-Elly Schlein ad agitare le acque e se n’è avuta una dimostrazione con il voto sul Mes. Pd e 5Stelle hanno detto si e no al salva stati, aprendo quello che si potrebbe definire un predominio per chi guarda a sinistra. 

L’avvocato del popolo vuole a tutti i costi essere lui l’interlocutore unico; la segretaria cerca di opporglisi, ma non ha il pieno appoggio del partito dilaniato dalle correnti. Entrambi appaiono su di giri, più chiaramente nervosi, perché sanno che è in gioco il loro futuro politico.

“Se ne vedranno delle belle”, scrivono alcuni commentatori: il proporzionale non ammette errori, specialmente per i partiti che debbono combattere con la sopravvivenza. 

Se non si supera lo sbarramento del tre o quattro per cento si rischia di rimanere per sempre alla finestra. A guardare e non più a partecipare.

Insomma, l’incertezza è massima ed ecco la ragione per cui ogni previsione diventa impossibile. 

Che Europa sarà dopo giugno? Nessuno si azzarda a fare pronostici perché potrebbe essere sbugiardato dai fatti. 

Non manca qualche delusione. Ad esempio, quella di Francesco Giavazzi, ex braccio destro di Mario Draghi, il quale ritiene che il governo Meloni ha superato la prova, ma con una risicata sufficienza. “Giorgia aveva molte occasioni, ma non le ha colte”. 

Deludente gli si chiede? “In parte si, ma comunque promossa”. 

Per Natale e Capodanno ci sarà un break, poi riprenderanno le danze che non piacciono affatto a chi deve andare a votare.

 

Bruno Tucci

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