Per superare l’impasse sul centro per i migranti in Albania ieri sera il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge con una lista dei Paesi di origine cosiddetti “sicuri” per le persone migranti.
Questo l’elenco: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
La lista è più o meno quella approvata con un decreto interministeriale la scorsa primavera. La differenza è nel rango della norma. Approvando la lista con un decreto legge, ora il governo è convinto che i giudici non potranno intervenire.
Il tribunale di Roma, infatti, aveva ordinato di rilasciare i 12 richiedenti asilo portati in Albania sulla base di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Secondo i giudici, la sentenza europea aveva e ha preminenza sulla norma italiana. Per il governo ora invece il decreto-legge avrà un rango superiore.
Ora il problema è tutto qui: basterà un decreto legge a superare la sentenza europea?
Le parole dell’esperto
Per Gianfranco Schiavone, fra i maggiori esperti di migrazioni e socio di Asgi, l’associazione studi giuridici sull’Immigrazione, non cambierà nulla.
“La sentenza – dice in un’intervista a Repubblica – fissa dei criteri interpretativi vincolanti. È una pronuncia della Gran Camera, non appellabile, che definisce anche le competenze del giudice, chiamato a valutare se un Paese sia sicuro o meno in base ai parametri ben precisi, fissati dalla Corte stessa”.
Ora cosa potrebbe succedere in tribunale? “Il giudice chiamato a decidere se convalidare o meno un trattenimento, nell’ambito di una procedura accelerata di frontiera, dovrà continuare a valutare caso per caso, Paese per Paese. Qualora non lo ritenesse sicuro può disapplicare il decreto”.
Insomma, tutto come prima? “Nel motivare non si potrà limitare a conformarsi alla sentenza della Cge, ma dovrà spiegare perché quella legge non è compatibile con la normativa europea”. Per il ministro Nordio, i giudici possono al massimo far ricorso alla Corte Costituzionale. “Se hanno dei dubbi possono sollevare una questione di illegittimità per contrasto con l’ordinamento europeo davanti alla Consulta, ma anche solo limitarsi a disapplicare il decreto». In caso di ricorso alla Consulta, cosa succede alle persone trattenute? «In caso di dubbi sulla norma, il procedimento non può continuare e la persona deve tornare in libertà”.
Quindi comunque il trattenimento diventa inefficace? “Non potrebbe essere altrimenti se non c’è certezza sulla costituzionalità della norma”.