Il presidente argentino Javier Milei è stato in questi giorni a Roma. L’anarco-capitalista, salito al potere in maniera inaspettata in Argentina, vista la sua profonda stima e amicizia con la premier Meloni, è intervenuto sul palco di Atreju, dove ha ribadito ancora una volta la sua grande ossessione: combattere la sinistra e le sue politiche in qualunque forma, e verrebbe da dire, in qualunque parte del mondo. Anche quando la sinistra è all’opposizione, come in Italia e in Argentina.
Milei, sul palco, è stato osannato malgrado mancasse un traduttore simultaneo. L’uomo della motosega ha parlato di destra “unita come una falange romana” ed ha stupito la platea citando inaspettatamente Lenin, chiamato però opportunamente uno zurdo (ossia una zecca, ndr). Lenin, che è di sinistra, ma che “in questo va ascoltato”. Queste le parole di Milei: “Come diceva Lenin, che era di sinistra ma ci capiva, senza teoria rivoluzionaria non ci può essere movimento rivoluzionario”. Il presidente argentino ha poi proseguito parlando della “necessità di dare vita ad un internazionalismo della destra” per combattere il “socialismo woke”. Perché “l’estremo centro non può battere la sinistra criminale”. E ancora: “La miglior difesa è l’attacco. La destra liberale non deve perdere tempo a spiegare cose a chi non lo meritava, a chi ha rovinato il Paese”. Continuando con il decalogo, ha detto ancora, riferendosi sempre alla sinistra, che “non si può essere tolleranti con l’intollerante”.
Si possono avere le idee che si vogliono, non è intenzione di chi scrive attaccare Milei solo per quello che dice. Ma come sta l’Argentina un anno dopo la cura estrema che viene rivendicata dal suo presidente in ogni momento?
L’Economist, nei primi di dicembre, ha elogiato l’operato del Governo spiegando che è riuscito a contenere l’inflazione, portandola dal 13% al 3%. Sono state dimezzate anche le stime di rischio per probabile default ed è stato azzerato il deficit. Ma a che prezzo?
In 12 mesi, Milei ha però ridotto del 28% il costo della macchina pubblica. Ciò ha comportato un taglio drastico delle spese mediche pubbliche in un paese in cui esiste un minimo di welfare che è un modello per tutto il resto del Sud America. Ora in Argentina non si ricevono più gratuitamente le medicine per i malati oncologici e per quelli cronici e sono stati tagliati i farmaci per i pensionati. Chi è malato di HIV ha visto un taglio dell’assistenza pari al 60%. Tutte scelte consapevoli da parte del Governo che hanno portato alla morte di molte persone. I giornali (odiatissimi da Milei come da tutti i presidenti populisti) ne hanno parlato all’inizio della legislatura. Ora, rassegnati, non ne parlano quasi più come a voler dire che i morti non fanno più notizia.
Nella sanità, i tagli sono stati lineari e hanno portato ad avere medici e infermieri che ora percepiscono i salari tra i più bassi del mondo. Diversi ospedali pubblici, per comprendere cosa sia oggi l’Argentina, non hanno più nemmeno l’alcol per disinfettare i pazienti.
Stessa cosa nelle università e nelle scuole, dove non si fa più manutenzione alle strutture. Le mense ora offrono meno pasti e di qualità inferiore. In molti casi, i docenti sono costretti a pagare di tasca propria le attrezzature per i laboratori dopo aver perso il 50% del potere di acquisto legato ai loro stipendi. Le borse di studio sono state congelate o eliminate del tutto in molti casi, con molti docenti e ricercatori che stanno lasciando il paese.
In Argentina sono stati licenziati 37mila dipendenti pubblici. Sono state colpite anche le donne, che hanno visto una riduzione dei fondi contro la violenza di genere e per l’aborto. A pagare il prezzo più alto sono anche i poveri che usufruivano dei programmi di assistenza sociale, ora fortemente ridotti.
Nei primi sei mesi del governo di Milei, il tasso di povertà è schizzato dal 41,7% al 52,9%. Cifra che, in termini assoluti, corrisponde a 5 milioni di poveri in più.
Ora si prospetta anche un taglio agli assegni di invalidità pari al 40% nel 2025. Per non parlare poi delle infrastrutture, completamente ferme. In Argentina non si fa più nemmeno manutenzione e si teme che possano esserci incidenti tra treni (uno molto grave c’è già stato) e che possano verificarsi crolli o danni gravi in località turistiche magari proprio durante l’estate.
Questi sono dati reali, facilmente verificabili. La Meloni, parlando di Milei, ha detto che sta portando avanti “una rivoluzione culturale”, aggiungendo che il presidente argentino “sa che la politica di sussidi porta al baratro”. Pur non essendo noi l’Argentina, è comunque questo il modello che vogliamo? È questo quello che auspichiamo per l’Italia, presidente Meloni?