Mourinho è adorato in Patria, dove lo considerano un idolo, un “number one”, appunto. Guai a parlar male di Mourinho ai portoghesi. Considerebbero quelle parole, una infamia, una crudeltà.
Poi, avviene che il mister più conosciuto al mondo varca i confini e sbarca in Italia, più precisamente a Milano, dove in un anno conquista il triplete, campiomato, coppa Italia e Champions League. Raggiunta la gloria non si fa trascinare in altre avventure nel nostro Paese. L’uomo è furbo, conosce i tifosi, è un mago della comunicazione.
Succede che la sua terza esperienza non vada tanto bene, nascono i primi dissidi sopratutto con i dirigenti delle società in cui approda. Non ammette che altri si intrufolino nel suo lavoro. Insomma rompe e lascia in attesa che lo chiamino altre piazze. In Italia, in due città, dopo Milano, avrebbe fatto impazzire la folla delle curve, i fanatici più esasperati: Roma e Napoli. Comincia allora la sua avventura all’ombra del Colosseo. E’inutile dire come sia stato accolto il messia. I pronostici più ambiziosi, uno scudetto più vicino, anzi quasi raggiunto. Nelle prime giornate lo stadio sempre stracolmo.
La verità è che Roma è una città imprevedibile, come scrisse Ennio Flaiano in uno dei suoi stupendi scritti. Racconta di un marziano atterrato a Fiumicino e accolto da migliaia di persone che lo osannavano. Grida, domande, qualcuno si vantava di averlo toccato, anzi sfiorato. Il secondo giorno arrivò in fretta e la curiosità dei romani diminuì di colpo. La città è eterna perché ha una storia piena di persomaggi che l’hanno visitata.
Cosicchè, il terzo giorno il marziano decise di fare una passeggiata in Via Veneto. Forse la fama della dolce vita era arrivata fin lassù. Curiosava ed arrivò vicino ad un uomo che aveva un banchetto per vendere e cercare di sbarcare il lunario. L’extra terrestre, divertito, cominciò a fare domande insistenti fin quando il proprietario del “bancone” gli disse apostrofandalo: “A marzià, scansate perché qui c’avemo da fà”.
Questa è Roma che nello spazio di un mattino può creare e distruggere un idolo. A dir la verità Mourinho è stato sempre molto amato dalla curva, anche quando la squadra giallorossa che lui allenava non raggiungeva quei risultati che tutti si aspettavano. Un esempio emblematico lo si è avuto anche quest’anno perché lo stadio Olimpico è stato sempre strapieno.
E ancora: a Budapest, dove si è svolta la finale di Europa League (andata male) sono accorsi oltre ventimila tifosi che hanno raggiunto l’Ungheria con ogni mezzo: in aereo, in treno e persino in macchina. Confessa un medico: “non ho trovato un posto neanche a pagarlo oro. Così mi sono messo alla guida della mia auto e ho raggiunto Budapest”.
C’è però una Roma calciofila che ha cominciato a criticare il “number one” ed a prendere le distanze dal suo modo di far giocare la squadra. “Non c’è stata una sola partita in cui io mi sia divertito ed abbia visto la squadra giocare un buon calcio”, confessa un tifoso amareggiato. L’esatto contrario di quel che dicono i sostenitori di Mou. “Se l’importante è partecipare, come diceva De Coubertin, noi siamo di un avviso diverso, l’importante è vincere, anche se in campo non sei brillante”
Gli scricchiolii più importanti Mourinho li ha ora con la proprietà. Troppo spesso se la prende con gli arbitri, lo confessa ai giornalisti e ne paga le conseguenze con squalifiche continue. Così i direttori di gara non dimenticano e appena nasce l’occasione puniscono la Roma. Adesso, si è ad bivio.
Alla società non dispiacerebbe se se ne andasse via, insomma si dimettesse. Però, due ostacoli si frappongono a questi desideri. Il primo è che i tifosi non gradirebbero una simile decisione e sono pronti, il prossimo campionato, a disertare lo stadio. Il secondo è che Mourinho vorrebbe restare. Ha un ottimo stipendio, vive in una splendida città, dove ha migliaia di fans lo adorano ed allora si chiede fra sé e sé: “Ma chi me lo fa fare”? Però attenzione, Roma è quella di Flaiano, pronta a strocarti in un amen.
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