Natale abolito in nome del politically correct? è la nostra tradizione, voi festeggiate la rinascita del sole invitto

Pensate un po’: come ogni anno alla vigilia delle feste c’è chi vuole abolire il Natale. Non è uno scherzo pari a quello di cui è stata vittima Giorgia Meloni.

Assolutamente no, qualcuno ne è convinto perché in tal modo per via della globalizzazione è bene non offendere nessuno, insomma i non credenti. Si sa da tempo immemorabile: il Natale è una festa cristiana, è nel nostro dna, siamo cresciuti con questa ricorrenza, è una identità irrinunciabile in cui tutti noi crediamo.

Noi chi? I cattolici, i cristiani, cioè la quasi totalità degli italiani. Contro una esigua minoranza che oggi si inventa qualcosa pur di apparire.

Eppure alla incredibile iniziativa qualcuno crede con forza perché ormai il mondo non è una piccola isola, ma una sfera nella quale si vive un po’ tutti senza distinzioni di sorta. Si viaggia, si emigra in cerca di fortuna, si va via dal proprio paese in cerca di un futuro migliore. Allora, bando al Natale, chiamiamolo più genericamente “festa dell’inverno”.

Possibile? Si, lo è, tanto è vero che in un istituto scolastico di Fiesole (siamo in Toscana) l’idea si è concretizzata con un convegno a cui, per fortuna, ha partecipato  un numero irrilevante di persone.

Se qualcuno anni fa avesse minimamente pensato una cosa del genere sarebbe stato preso per folle. Oggi qualcosa è cambiato, non lo si può negare, ma non per questo si deve rinunciare a chiamare il Natale, “Natale e basta

A noi che non siamo più bambini, l’idea non ci sembra solo balzana, ma fuori da qualsiasi ragionamento. Abbiamo vissuto aspettando il Presepe, l’albero con sotto i regali, l’arrivo dei re Magi, la Befana che scendeva dal tetto portando giocattoli ai più buoni e cenere e carbone ai più irrequieti (non li definiamo cattivi). 

Tutto ciò potrebbe scomparire perché una festa d’inverno cancellerebbe queste tradizioni.

Qualcuno, si dice, dovrebbe rinunciare alla propria identità perché miscredenti o devoti ad un’altra religione potrebbero offendersi.

Dunque, si potrebbe creare un danno, meglio una “diminutio” nel periodo che va dal 24 dicembre al 6 gennaio.

Cervellotico questo pensiero perché non è che rispettando le nostre tradizioni offendiamo gli altri o gli impediamo di comportarsi nel modo che loro ritengono più opportuno.  E allora, perché dovremmo  abolire il nome ad una festa in cui crediamo tutti, grandi e piccini.

Forse, anzi probabilmente, c’è chi ritiene di essere più politicamente corretto. In cerca di pubblicità o di apparire? Secondo noi, questa potrebbe essere una strada per farsi  notare.

Oppure difendere a spada tratta un loro progressismo che non c’entra niente con quanto stiamo scrivendo.Una identità non distrugge un’altra identità, è vero l’esatto contrario. E’ come se ad un cattolico che va a vivere lontanissimo dal suo Paese gli si impedisse di festeggiare il Natale come meglio crede.

La speranza è che chi la pensa in modo diverso si convinca che non è questo il politicamente corretto. Anzi, è l’esatto contrario. In parole più semplici per una volta fare marcia indietro significherebbe innestare la prima e andare avanti lasciando in pace le tradizioni.

Si sarebbe tutti quanti più felici: noi radunandoci attorno ad un tavolo per il pranzo del 25 dicembre, loro festeggiando o no nella maniera che più gli aggrada. 

 

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Bruno Tucci