
Nostalgica, basta una parola a scatenarli: in Parlamento come in una riunione di condominio, lite continua - Blitzquotidiano.it (foto dal web)
“È una sinistra illiberale e nostalgica”, sostiene Giorgia Meloni dopo le infinite polemiche sul Manifesto di Ventotene.
Abbiamo capito bene? Quello non è l’aggettivo proprietà assoluta dell’opposizione in genere?
Infatti, ogni volta che la polemica si fa dura, quando ormai tutti gli insulti consumati in Parlamento e fuori sono terminati, ecco affacciarsi sul proscenio la parola magica: fascismo che vuol dire appunto nostalgia.
Forse qualcuno della maggioranza (meno Matteo Salvini forse) si dovrebbe adirare. “Quella è una parola che ci spetta, non potete togliercela e offrirla a chi sta contro di noi”.
Parlamento nostalgico

Insomma, è presto detto: probabilmente da oggi e nei giorni avvenire la rissa avverrà proprio su questo ricordo romantico che spettava solo al deprecato ventennio. Non è la malinconia che può essere generica e indefinita, stavolta il passato è specifico, legato a luoghi e persone.
Allora perché la premier vuole regalare a chi le volta continuamente le spalle un epiteto che è copyright di un periodo ben preciso? Bando agli scherzi, davvero la politica non sta offrendo un bello spettacolo. Si può essere maggioranza o opposizione, ma quel che è successo l’altra mattina in un’aula di Montecitorio non si può definire altrimenti: “Vergognoso”.
Ventotene scatena la polemica
Non è solo l’insulto che il deputato Federico Fornaro ha rivolto alla premier invitandola pure ad inginocchiarsi, è il palcoscenico e quel che è avvenuto là dentro ad essere deprecabile lasciando stupefatta una platea (cioè noi) che non poteva quasi credere ai suoi occhi. Quale credibilità può avere un consesso che non sa discutere pur avendo opinioni completamente opposte? Nemmeno in una riunione di condominio si arriva a tanto. Si può alzare la voce per rafforzare il proprio pensiero, nulla di più.
Invece, i rappresentati del Paese, quelli che il popolo ha votato nutrendo tanta fiducia in loro si sono presentati agli occhi degli spettatori in modo assai diverso. Tutto questo perché forse non si hanno argomenti e quei pochi che si hanno bisogna difenderli a tutti i costi.
Così è abitudine quotidiana attaccare il presidente del Consiglio che qualcuno accusa di essere ondivago o, meglio, titubante. Se guardiamo la realtà dei fatti non è proprio così, perché semmai la premier la si può definire una testarda nata sotto il segno del Capricorno. “Non sono ricattabile e le mie idee le difendo fino in fondo”, ama spesso rispondere a quanti cercano di metterla all’angolo.
In specie, nelle ultime settimane la minoranza ha puntato il dito contro di lei perché “non si sa bene da che parte stia”. Con l’Europa o con Trump? Con il suo paese o con i fedelissimi del numero uno americano che sta rivoluzionando il mondo con le sue idee?
Giorgia Meloni non prende in considerazione queste convinzioni perché non hanno una base di verità, però è fuor di dubbio che qualche volta temporeggiare diventa una difesa. Come quando ha buttato la palla in tribuna dibattendo sul Manifesto di Ventotene perché aveva capito che la sua maggioranza cominciava a barcollare con un Salvini sempre più imprevedibile e pronto a infilarsi in qualsiasi discussione che possa portargli voti.
Non è comunque un privilegio esclusivo di Giorgia Meloni quello di finire nell’ingranaggio degli avversari. Anche Elly Schlein gode dello stesso trattamento, perché non deve difendersi soltanto (come è logico) da chi non la pensa come lei, ma pure e forse soprattutto dai suoi amici-nemici che si affollano in via del Nazareno. Il recente voto di Strasburgo sul riarmo o, meglio sulla difesa europea, lo ha dimostrato: il Pd si è diviso in tre mandando ai matti la segretaria che non sapeva più a chi dare i resti.
Questo è, in breve sintesi, il proscenio della nostra politica. Fin quando a Montecitorio o a Palazzo Madama non ci si renderà conto che in alcuni specifici casi bisogna trovare un denominatore comune per il futuro del Paese, allora il teatro potrà cambiare gli attori, ma non il contenuto dell’opera che devi rappresentare.
Così sta avvenendo per il riarmo, così per tutti gli altri problemi che assillano l’Italia. Allora, delle due l’una: o si cambia ritornello oppure si continuerà a litigare anche sull’aggettivo “nostalgico”. Chi lo è di più? La destra o la sinistra?