Altro che ossessione del complotto, altro che vittimismo, altro che ritenere che qualcosa di molto strano c’era nell’aria della nostra repubblica, altro che esagerazioni del ministro Guido Crosetto quando reputava che bisognava andare a fondo a queste preoccupazioni. Ora – meglio tardi che mai – pure la minoranza si è convinta che la situazione è grave. “E’ in pericolo la democrazia”, dicono i giudici.
Così, tutto il popolo del Palazzo si sveglia, si guarda intorno, si sbalordisce dinanzi alle notizie che ogni giorno diventano pubbliche. Esiste insomma una “banda di Hacker” che ha potuto entrare nei cellulari e negli altri sistemi informatici della gente per accumulare 800 mila dati.
Per quale ragione? Inutile avere dubbi o titubanze: servivano per ricattare chi era entrato nel cerchio di questi individui. (Come chiamarli diversamente?)
Scoperta gravissima soprattutto se si pensa che erano riusciti ad arrivare sino al privato di Sergio Mattarella, del presidente del Senato Ignazio La Russa, di altri politici di cui per adesso non si conosce il nome ed infine di Matteo Renzi.
La memoria ci riporta agli anni bui di “Mani pulite”, quando la magistratura si impegnò al massimo e sconvolse l’apparato politico di quel tempo con dimissioni e crisi che non risparmiarononessuno.
E oggi? Per adesso, siamo alle dichiarazioni, al dossieraggio intollerabile, all’accanimento contro la classe dirigente. Ma non è così: si va ancora più in là se le parole del ministro della difesa sono state quelle che abbiamo letto una manciata di giorni fa.
Il Quirinale tace ufficialmente, ma è logico che la situazione preoccupi il capo dello Stato e i suoi più stretti collaboratori. Ugualmente Giorgia Meloni che oggi potrebbe puntare il dito contro coloro che la ritenevano esagerata e la consideravano una “falsa vittima”. La premier si limita a dire: “Questa è una vera e propria eversione. Si accaniscono contro Arianna per colpire me”.
La banda agiva senza avere un puparo che li guidava? Per essere ancora più chiari si può pensare a committenti che davano ordini e suggerimenti? Sono interrogativi difficili a cui solo la magistratura potrà dare una risposta.
Ci sono speranze di riportare tutto nell’alveo della giustizia? Certo, se non si vuole creare anche in questo caso una “divisione” politica che intralci il cammino di chi vuole portare a termine una indagine così complicata.
Per farla breve, non si deve andare alla ricerca di vendette di coloro i quali sono entrati nell’occhio del ciclone. Non è il tempo questo per perdersi in intrighi di corridoio, polemiche, discussioni infinite.
Ora si deve solo tacere e fidarsi dei giudici che debbono fare piena luce su questa drammatica e quasi incredibile vicenda. Finchè la banda non sarà smascherata dal primo all’ultimo dei suoi componenti, non si potrà stare tranquilli, perché ognuno di noi potrà finire nel tritacarne da cui spesso è difficile uscire.