C’è un aggettivo o, se volete un sostantivo, che non ha mai abbandonato ieri le aule del Parlamento italiano.
Essere faziosi o avvalersi della faziosità: questo è l’imperativo categorico. Non la ricerca della verità, dunque : quella è secondaria.
Si va alla ricerca degli insulti più significativi, di maggiore clamore che attirino l’opinione pubblica e quanti abbiano voluto sapere quel che è successo a Montecitorio e a Palazzo Madama.
Allora, non vi aspettate un diverbio civile, un tono pacato, parole convincenti che possano informare ed essere persuasivi. Alla platea non piace, meglio essere aggressivi e tentare il colpo del KO.
Come? Con gli insulti, le ingiurie, gli improperi, le villanie, gli oltraggi. Se ne potrebbe fare un elenco che potrebbe riempire la pagina intera di un giornale.
Ecco perché la faziosità l’ha fatta da padrona in un palcoscenico che avrebbe dovuto offrire uno spettacolo assai diverso.
Spettacolo: ecco il sostantivo usato anche dal ministro Nordio. Un termine giusto? Forse no, si sarebbe dovuto adoperare un altro vocabolo: che so io? Sceneggiata, alla ricerca di uno show down, di un colpo d’ala che avrebbe lasciato sul terreno il vostro avversario.
Altrimenti come definire alcuni interventi o, meglio espressioni, dei protagonisti? Elly Schlein che ritiene la premier un “presidente del coniglio” fra le risate e gli applausi dei suoi fedelissimi. Insomma, una Giorgia Meloni che ha una fottuta paura di affrontare chi non la pensa come lei.
“Una giornata triste per il nostro Paese”, dice ancora la segretaria del Pd. Ma anche per chi ascolta è avvilente, perché si vede lontano un miglio che quello che sta leggendo è un discorso preparato anzitempo che non affronta i temi ricordati dai due ministri. Sempre le stesse parole, gli stessi mancati progetti che non hanno mai unito l’opposizione.
Ma che fa? L’essenziale è gridare a più non posso con frasi ad effetto che hanno un limite che non dovrebbe essere mai oltrepassato. “Lei ha fatto e continua a fare l’avvocato difensore di un torturatore”, incalza ancora Elly Schlein, che ha l’appoggio (quando mai) di un suo agognato compagno di viaggio. O presunto alleato.
“Vergogna”, dice alzando al massimo il tono della voce il numero uno dei 5Stelle., Giuseppe Conte. “Quella sedia vuota offende l’intelligenza e la dignità di quanti oggi affollano l’aula di Palazzo Madama”. Un nostro collega, molto attento con il suo archivio, ricorda quante volte sia stato usato nel passato questo sostantivo: 16 mila.
Insomma, non è proprio una novità. Una commedia dell’arte, dunque? Probabilmente si, se andiamo a rovistare negli anni trascorsi. “Con insulti da osteria”, ricorda una cronaca assai attenta.
Basta rileggere le vecchie pagine di Candido, con le cronache parlamentari di Giovannino Guareschi.
Oltre al Pd ed ai pentastellati, i più aggressivi verso la grande assente (Giorgia Meloni) sono Maria Elena Boschi e il suo padrino, Matteo Renzi. La prima deve aver passato più di un giorno a ripetere e ricordare quel che le ha suggerito il suo talent scout. Concetti ben precisi che non possono essere fraintesi. Con il carico da undici dell’inventore di Italia Viva che non sa più a che santo votarsi per ottenere qualche riga su un giornale.
Non essendoci in aula la premier i suoi la difendono come possono. Insistono sul sostantivo “sciatteria”. “Non sanno più come arrampicarsi sugli specchi. E’difficile quando non si hanno argomenti”, ripetono all’unisono.
Fino ad arrivare alle parole del Forzista Giorgio Mulè che inchioda i suoi avversari con un epiteto assai forte: “Rinnegati”. Eccolo, quindi, lo scenario dentro il quale hanno diffuso il loro pensiero (lo possiamo definire così?) i rappresentati del popolo scelti da chi vota e, dunque, da noi. Forse o senza forse questa è una giornata che sarebbe meglio non ricordare per il teatrino andato in scena a Montecitorio e a Palazzo Madama.
Purtroppo, invece, se ne parlerà a lungo e i nostri nipoti leggeranno nei libri di storia quanto è accaduto (e non doveva accadere) Con quale commento? Sarebbe bello saperlo oggi. No, evitiamolo.