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Partito il disgelo tra Stati Uniti e Russia. Licenziato Zelensky, un “dittatore e comico mediocre” per Trump. Un flop i summit di Macron (Fonte Ansa) - Blitz Quotidiano
Stiamo nel bel mezzo della fase forse più delicata del dopoguerra. Un momento di cambiamenti, anche sorprendenti. Russia e USA tornano a parlarsi dopo tre anni dall’ultimo incontro politico. Riaprono le missioni diplomatiche. Così almeno lasciamo intendere. Tira dunque aria di cooperazione. Zelensky ha mangiato la foglia, ha letto tra le righe scritte martedì a Riad, ha capito cosa sta succedendo alle proprie spalle e si è arrabbiato (eufemismo). Trump lo ha scaricato con franca rudezza (“Dittatore e comico mediocre”). Il leader ucraino lo ha subito attaccato (“Il tycoon crede alle bugie di Mosca”). Ma Vance gli ha detto: “Zelensky piantala di parlar male di noi”. Draghi ha sferzato l’Europa, ha rimproverato i leader (“Fate qualcosa, basta dire no a tutto”). Ha detto loro che “il mondo confortevole è finito”.
E ha posto un interrogativo su cui è il caso quantomeno dí riflettere. Cioè: vogliamo difendere i nostri valori o scappiamo? E i valori che intende Supermario sono il “Green Deal”, ovvero il patto verde europeo per raggiungere al più presto la neutralità climatica nel Vecchio Continente. E poi la difesa, la sicurezza, il ricorso al debito comune per rilanciare la competitività; tema quest’ultimo che continua a dividere la UE. Insomma, dopo le bacchettate di Trump e del suo vice JD Vance, Bruxelles ha dovuto incassare la nerbata dell’ex premier italiano, considerato oltretutto una istituzione nella capitale belga. Una staffilata dura da assorbire. E in Italia si registra l’imbarazzo di Palazzo Chigi, Conte ha sposato la linea anti-Kiev e ha rotto col PD.
La macronata imbarazzante
E come se tutto ciò non bastasse a complicare il momentaccio (nuovi attacchi hacker, Mattarella nel mirino di Putin, il cancelliere Scholz alle prese con le nebulose elezioni federali del 23 febbraio, vola nei sondaggi AFD, partito di estrema destra) come, si diceva, se tutto ciò non bastasse, ci si è messo Macron con una figuraccia d’altri tempi. Mentre a Riad i due titani licenziavano di fatto il presidente ucraino, Macron era costretto a organizzare in fretta e furia un nuovo incontro a Parigi con la ventina di Paesi europei che aveva escluso, più il Canada. Un summit che è risultato un altro flop. Tranciante Giorgia Meloni: “A volte la toppa è peggiore del buco”. Il primo vertice di Parigi è stato di fatto l’ultima spiaggia prima dei negoziati tra Trump e Putin. Un fallimento con troppe teste almeno sul punto più dirimente, ovvero le garanzie di sicurezza da mettere sul piatto per l’Ucraina. Il secondo è andato ancor peggio Ora Macron ci ha preso gusto: la prossima settimana volerà a Washington col premier britannico Starmer per parlare a quattr’occhi con Trump.
Morale: l’Europa si è ridotta alla caricatura di sé stessa. Resiste uno schema fisso e datato, vecchi meccanismi bocciati anche da Draghi ed un copione che i burosauri di Bruxelles continuano a ripetere anche se il mondo è cambiato e quello precedente era clamorosamente fallito in tema di pace. Infine, c’è l’idiozia: dire che bisogna scegliere tra Trump e la Ue. Ma davvero siamo arrivati a questo punto?
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L’ora del disgelo tra Usa e Russia
Può darsi che Putin e Trump stiano avviando un disgelo fra di loro. Può darsi. Ognuno ha il suo obiettivo: Putin vuole rimettere in piedi qualcosa che ricordi la Grande Madre Russia andata in frantumi con la caduta del Muro di Berlino; Trump pensa alla sfida futura economica, che sarà con la Cina più che con Mosca. Trump in altre parole ha bisogno dello Zar (e viceversa) confidando che lo stesso non si allei alla Cina. Il tycoon è sempre più convinto che il Dragone più resta isolato e meglio è per tutti.