Pd che confusione, dopo la batosta elettorale litigano sulle parole invece di cercare il consenso degli elettori

È davvero un mistero questo Pd, Partito democratico. Dopo aver preso un colpo da KO alle recenti elezioni di Lombardia e Lazio, invece di analizzare il voto e capire che cosa è che non va, continua a litigare su mezze frasi e opinioni del tutto legittime.

Stavolta a inscenare la gazzarra non è il problema delle primarie del 26 febbraio, giorno in cui la base sceglierà il nuovo segretario, ma di un paio di frasi che hanno causato il putiferio fra le mille correnti che si danno battaglia nel partito. Perchè tanto baccano?

È logico: ci si vuole presentare nel giorno in cui sarà eletto il “number one” in maniera che si avrà partita vinta sugli avversari. Già, perché non si tratta di una competizione in cui i protagonisti hanno la stessa ideologia, ma di uomini che sembrano essere l’un contro l’altro armati.

Hai voglia a sbracciarsi i più razionali dei dem per placare gli anini e condurli alla ragione. La posta in palio è troppo alta per seguire coloro che cercano di smussare gli angoli e di riportare la calma. Ora si potrebbe capire che questo baccano sia sorto per questioni che riguardano problemi di primario interesse; il fatto è che la confusione tra i piddini è talmente cervellotica da non racapazzarsi più.

Invano, un vecchio leader (di anzianità nel partito) prova a dire parole sensate che facciano ragionare i più riottosi. Dice Walter Veltroni ex sindaco di Roma: “La sinistra torni ad essere ambiziosa. Diritto, futuro e libertà.”

Gli fa eco un altro pezzo grosso del partito: “Cerchiamo di guardare avanti per essere domani la vera forza trainante del Paese”. Niente da fare. Parole al vento, perchè adesso ci si accapiglia anche quando qualcuno guarda in faccia la realtà e dice cose sensate. Ad esempio Enrico Letta (non uno sconosciuto parlamentare) che pronuncia questa frase: “La  realtà è che Meloni è forte”. Oppure Stefano Bonaccini, vale a dire il probabile futuro segretario del partito, che in suo intervento si lascia scappare due piccole paroline a proposito del premier: “È capace”. 

Apriti cielo, comincia la girandola delle accuse e controaccuse. Come si permette l’attuale ancora nunero uno del partito ad elogiare il presidente del Consiglio? E come fa il governatore dell’Emilia Romagna a farsi abbindolare dal comportamento di una signora che per moltissimi anni non ha fatto altro che rovesciarci addosso improperi ed accuse? Controbatte Bonaccini: “E’ inutile negarlo: Meloni è capace”. Continua Del Rio: “Non ci servono chiacchiere, ma idee forti”.

Andrea Orlando, ex ministro della giustizia (uno dei quattro che hanno incontrato in carcere Cospito e i mafiosi) e quindi uomo di peso nel partito, non ci sta: “Sono parole che non avrei mai voluto sentire da esponenti così importanti”. È naturale che a questo punto i pro e i contro se le diano di santa ragione.

È vero che, come sostiene l’ormai ex leader del partito laborista scozzese: “Mi dimetto perché la politica è brutale”. Ma un comportamento così violento in un momento assai delicato dei dem è incomprensibile. Le gatte da pelare sono altre: la batosta nelle elezioni regionali, il netto successo della destra, la poca voce in capitolo nel Paese.

E soprattutto l’abbandono di una larga fascia di tifosi che ormai non si fidano più delle parole e preferiscono rimanere a casa invece che votare per una sinistra che li ha delusi ed a cui non credono più.

Sarebbe quindi bene occuparsi di questi problemi prioritari nell’interesse della gente che una volta era a loro vicina, invece che accapigliarsi perché un segretario uscente del partito e il governatore di una Regione abbiano riconosciuto nel presidente del consiglio una buona preparazione che non dovrebbe far male alla minoranza, Anzi, dovrebbe spronarla a fare meglio, a capire il perchè di questa discesa.

Forse se gli animi si placassero in vista delle primarie ormai prossime scegliendo un uomo (o una donna) in grado di dare una svolta al Pd, allora non si capiranno più queste sciocche incomprensioni che non portano a nulla, se non a peggiorare lo stato di salute della sinistra. 

Ne sarà convinto Stefano Bonaccini che, da segretaio, vorrebbe azzerare l’attuale dirigenza? E la penserà allo stesso modo  Elly Schlein? Se all’interrogativo si risponderà si  assisteremo ad una vera e propria rivoluzione che potrebbe aiutare il partito.

 

Published by
Bruno Tucci