Pd e il segreto del successo di Schlein: un voto su 5 dai grillini

Pd, ora sono in molti a volersene andare da un Pd troppo spostato a sinistra. Almeno nelle intenzioni dopo aver ascoltato le prime parole della nuova segretaria. L’esempio dell’ex ministro Beppe Fioroni sarà seguito specialmente dai tanti ex dc che militano “nel partito che non c’è più”?

Le lacerazioni e le divisioni continuano. Chi pensava che con l’arrivo di Elly Schlein, la situazione sarebbe cambiata ha sbagliato di grosso perché la polemica dei moderati che non vogliono la svolta si acuisce. Chiamatela come più vi
aggrada, ma le acque sono ancora agitate, forse più di prima. “Molti voti, molte spine” si dice negli ambienti di via del Nazareno.

Tante preferenze è vero, ma chi è che ha fatto pendere la bilancia a favore del nuovo? Le prime indiscrezioni sulla incredibile diversità di opinione tra gli iscritti al partito ed il “popolo” che si è recato ai gazebo trovano fondamento in alcuni sondaggi che cominciano a svelare il mistero. Da chi sono arrivati questi voti? Si era detto a mezza bocca: dai grillini; ora le voci trovano conferma nei dati.

Il 22 per cento dei 5Stelle hanno contribuito a dare la spallata a Stefano Bonaccini. Perché? Semplice: con la Schlein sarebbe stato più facile dialogare e trovare un minimo comune multiplo che unisse i due partiti. La conferma che sia così viene da una dichiarazione ufficiale di Elly che ha detto esplicitamene che sarà a Firenze alla manifestazione a favore della pace organizzata da Giuseppe Conte.

Quando mai con la segreteria di Enrico Letta si sarebbe potuto raggiungere un risultato del genere? Allora, i grillini, da furbi, hanno trovato nei gazebo l’occasione che aspettavano. Insomma, c’era una unica possibilità di tornare al potere ora saldamente nelle mani di Giorgia Meloni e del suo centro destra: unire le forze dell’opposizione per partire all’attacco.

Solo che gli astuti pentastellati non avevano fatto i conti con quel nutrito gruppo di “pieddini” che non
gradiscono affatto la sterzata a sinistra che vorrebbe il nuovo segretario dei dem. Una carta d’identità, quella della
Schlein, che non piace nemmeno un po’ ai moderati che si sono schierati nel passato (ed anche oggi) con un progressismo di centro.

Così come era il Pd piaceva alla maggioranza degli iscritti. “Se ora si vuole cambiare d’accordo” dicono gli avversari dei sinistrorsi, “però sempre con noi debbono confrontarsi”. C’è una probabilità ,dunque, che il Pd si sfasci. Attenzione, non tramonti: sarebbe assurdo pensarlo. Ma se ne presenti un altro che avrà caratteristiche assai diverse da quello attuale.

“Con la Schein, il ritornello sarà un altro, un refrain del tutto nuovo”, tuonano i vincitori. Il salario minimo, la settimana più corta (come avanza il segretario della Cgil Maurizio Landini), i diritti civili, il problema dei migranti, la parità di genere, la possibilità delle donne di arrivare fin là dove adesso non hanno possibilità di raggiungere quel
traguardo. Non è andare precipitosamente più a sinistra? Tutti i probabili “scissionisti” non hanno dubbi e sono pronti a combattere una guerra che fino ad oggi li vede perdenti.

Nel Pd esiste anche una fronda che cerca di placare gli animi per tentare di ricucire lo strappo. Come li vogliamo definire? “Di centro sinistra”, rispondono in coro. “La segreteria può cambiare, il partito no”, aggiungono. Chi non la pensa così replica sorridendo: “Bravi, in questo modo siamo stati schiacciati nelle politiche del 25 settembre e poi nelle regionali della Lombardia e del Lazio. E’ questo che volete?”.

Allora, come si può sanare questa ferita? Il primo a volere una tregua è Stefano Bonaccini, il presidente
dell’Emilia Romagna bocciato dalla intraprendenza della Schclein. “Non possiamo buttare il bambino insieme con l’acqua sporca”, dice. Non è una operazione semplice la sua, perché chi ha vinto nella corsa alla poltrona di via del Nazareno, aspettava da tanto tempo questo momento e non vuole tornare ad un passato che li ha visti sconfitti. Elly Schlein è tra due fuochi, comprende perfettamente che non è facile riunire le due anime del Pd.

Se è questo il suo pensiero, allora deve comportarsi in maniera diversa e non usare parole troppo forti care al vecchio Pci. Altrimenti, il partito perderà uomini che potrebbero confluire in una nuova-vecchia forza, quella di Carlo Calenda e di Matteo Renzi: un centro che sia progressista, ma non troppo.

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Bruno Tucci