Pd, forse sarebbe stato meglio andare al cinema invece che al ritiro campestre di Gubbio.
E’ quasi un invito che Elly Schlein fa ai tanti esponenti del partito democratico trasferitisi a Gubbio, in Umbria per un conclave che avrebbe dovuto dire al Pd quale strada percorrere per combattere la destra.
Proprio così: giunta in seconda giornata (insomma sul finish), la segretaria parla meno di un’ora e si scusa con i partecipanti di non essere arrivata prima “perchè ieri sono andata al cinema a vedere un bellissimo film che nessuno dovrebbe perdere”.
Eccola Elly in versione sinistra-sinistra, quella che molti le contestano. Un primo esempio emblematico: basta col mandare armi all’Ucraina, servono solo per fare una carneficina a Gaza e dintorni.
La platea ascolta, qualcuno avrebbe intenzione di andarsene, però tace per non far esplodere un caso che certo non gioverebbe ai dem. Però, è sicuro che i tanti distinguo che prima “accusavano” Elly ora aumenteranno perché i moderati del partito e i vecchi Dc non sopportano più le sparate della segretaria.
Elly si è superata: più che unn discorso programmatico il suo è stato un susseguirsi di improperi contro chi non la pensa come lei.
“Giorgia Meloni è peggio di Berlusconi”, dice ad alta voce. Sperava che la platea si infuocasse dinanzi a simili affermazioni. Invece no: i battimani sono stati pochissimi e forse alla Schlein sarà venuto il mal di stomaco.
A farla breve, il convegno era stato programmato per creare un partito diverso: progressista si, ma più moderno, meno ancorato a pregiudizi del passato. Questa era l’intenzione dell’appuntamento di Gubbio nello stesso resort che Silvio aveva usato un tempo per riunire i suoi numerosi fedelissimi. Una scelta non proprio proletaria: ok, ma questo non è importante.
Fatto è che gli esponenti si aspettavano un dibattito diverso: si doveva volare alto se l’intenzione futura era quella di sconfiggere i Fratelli d’Italia e il suo premier. Questo pensava il popolo che si affollava nel grande salone dell’albergo. Deluso? Abbastanza, forse troppo.
I prossimi giorni dimostreranno quali effetti avrà avuto l’intervento della Schlein. Della sua candidatura alle europee? Nulla. Della grande battaglia contro il salario minimo idem. In fondo, ella ha voluto solo evidenziare che il suo è il vero partito della sinistra, non altri.
Il riferimento a Giuseppe Conte è lapalissiano. E’ il vero cruccio della segretaria in questo periodo. Infatti, non si parla più di “campo largo” o di altri accordi simili. Al diavolo questi concetti tanto più che alle europee di giugno si voterà con il proporzionale: vietati gli inciuci e i patti sottobanco. Tutti contro tutti: una splendida e rara occasione per dimostrare che l’unica vera opposizione è quella del Pd.
Elly ha dimenticato forse che prima del voto di Bruxelles gli italiani andranno alle urne per eleggere i governatori di cinque regioni: la tanto discussa Sardegna, il Piemonte, l’Umbria, l’Abruzzo e la Basilicata. In questo frangente, il proporzionale sarà lasciato a casa, con la possibilità di unire le forze.
Quale migliore occasione per la Schein di fare le prove per un forte vincolo fra i partiti dell’opposizione? Nemmeno per idea: oggi l’importante è il predominio, il far capire a chiare lettere che chi fa la guerra vera a Giorgia è il Pd, nessun altro.
E’ evidente che una tale sterzata (sempre più a sinistra) abbia indispettito gli animi dei centristi che ancora gravitano fra i dem.
Ma la Schlein è ad una svolta, perchè se la doppia votazione della primavera dovesse andar male contro di lei si sparerà a pallettoni ed avrà pochissime possibilità di rimanere sulla più prestigiosa poltrona di via del Nazareno. Avrà contro non solo una parte del Pd, ma anche alcune forze che oggi non si sbilanciano e navigano a vista.
Ad esempio, Italia Viva. Matteo Renzi è implacabile nella sua critica. “A Gubbio, Elly avrebbe dovuto soffermarsi a lungo sull’incapacità, e l’imbarazzo della classe dirigente della destra”. Invece ha taciuto ed ha puntato nella sua brevissima pausa di Gubbio su argomenti vecchi che non hanno il minimo riscontro tra una parte del vertice del Pd e il popolo che ascolta e rimane dubbioso su chi dovrà votare.
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