Se non è guerra, come si può definire? Nel Pd, dopo gli scandali di Bari e Torino, si è aperta una ferita che è difficile curare. “Il partito di Elly Schlein si sta suicidando”, titola un giornale. Affermazione esagerata? Forse, ma non troppo. Tra i dem riappare il codice etico, lo stesso che Enrico Berlinguer cercò di spiegare a Eugenio Scalfari in una intervista di molti anni fa.
Allora, seguendo quei suggerimenti, Eddy oggi detta le regole. Se vuoi candidarti per le europee il tuo certificato penale deve essere al di sopra di qualsiasi sospetto. Inoltre, devi sempre denunciare chi tenti a procurarsi un voto di scambio. Infine, la tua campagna elettorale deve essere improntata ad una correttezza esemplare con un rendiconto finale che non deve suscitare dubbi o perplessità.
PD, il tentativo estremo di Schlein
La segretaria cerca così di salvare la sua poltrona di via del Nazareno, ma il compito non sarà facile perché ha non pochi fucili pronti a spararle contro. Sono nomi eccellenti quelli che vorrebbero licenziarla: Bonaccini, Guerini, Franceschini, il gotha del Pd. La Schlein non si dà per vinta, anzi raddoppia: va avanti con i personaggi esterni da presentare per Bruxelles. La polemica è a tutto campo, ma non quello “largo” che ormai è morto e sepolto. E’ una profonda diversità nemmeno sotterranea. Tutto si svolge alla luce del sole, almeno così sembra. Però, se è vero tutto quel che leggiamo si è davanti ad uno scontro frontale.
Disegno rivoluzionario per il PD
La Schlein non rinuncia a portare avanti il suo disegno rivoluzionario e cioè rivoltare il partito come un pedalino. Via i corrotti o presunti tali, fuori coloro che fino ad oggi si sono serviti del proprio ruolo politico per affari “poco corretti” (eufemismo). Ecco perché per le europee va alla ricerca di volti nuovi che diano maggiori possibilità e soprattutto credibilità per i tanti elettori di sinistra spariti nel nulla. Che importa se non sono iscritti al partito? D’altronde neanche lei aveva la tessera del Pd fino alla vigilia delle primarie. Eppure le vinse sconfiggendo il suo presidente, al secolo Stefano Bonaccini. Non è soltanto il fuoco amico a spararle addosso.
Sono i 5Stelle a voler approfittare della crisi per diventare il primo partito dell’opposizione. Giuseppe Conte ha dapprima lavorato sottobanco, ora lo fa senza il timore di perdere un alleato che per il momento non c’è più. “Via i cacicchi, eliminare gli intrallazzatori”, tuona l’ex presidente del consiglio. “Se si vuole tornare a stare insieme, i dem debbono fare pulizia al loro interno”.
Probabilmente non è nemmeno così quel che appare, perché la partita che il grillino sta combattendo è quella di far fuori l’ avversario per essere il vero ed unico interlocutore dell’opposizione. Il numero uno dei grillini non arretra di un passo nemmeno sotto le pesanti accuse della parte più “rivoluzionaria” del Pd. Con in primo piano Pier Luigi Bersani che a proposito non ha peli sulla lingua. Grida a Conte: ”Basta offese contro di noi, siamo stanchi. Che cosa vuoi? Tornare al partito del vaffa?”.
Che tristezza lo scenario che offre oggigiorno la politica. Non c’è una discussione, un confronto leale. Solo sgambetti e furberie per mettere all’angolo l’avversario. “E’ una gara a chi è meno disonesto”, dice a mezza bocca un ex militante del partito che fu di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, i quali non a caso hanno abbandonato la politica.
Quale politica? Oggi non c’è più, è solo una lotta a conquistare una poltrona. Gli elettori? Servono soltanto pochi giorni, il tempo necessario per convincerli a depositare la scheda “giusta” il giorno delle elezioni. Poi nulla più.