Pd, Schlein in bilico? Gentiloni e Nardella incombono, Franceschini trama, lei cerca Meloni per la pace a Gaza

Pd in fermento, si parla di grandi manovre nelle segrete stanze di via del Nazareno, quartier generale del Partito Democratico. Ufficialmente nessuno degli esponenti di spicco del partito apre bocca. C’è il silenzio assoluto. Ma, come tra i carbonari, si lavora in vista delle elezioni europee di giugno. In ballo, la segreteria, nonostante il mutismo di chi ha voce in capitolo. Elly Schlein deve tremare?

Per il momento no, però deve tenere gli occhi bene aperti se vuole continuare a sedere su quella importante poltrona. E’ noto infatti che a una buona parte dei dem questo assetto del Pd non va bene, si è spostato troppo a sinistra. Ecco perché i moderati sono pronti a scatenare la bagarre appena se ne presenterà l’occasione.

L’appuntamento è a Bruxelles dove il voto potrà dare decisivi risultati. Se non si dovesse raggiungere il 20 per cento dei consensi non si potrà evitare la guerra. Secondo indiscrezioni attendibili, pure alcuni esponenti della sinistra invocano un cambio della guardia. Il nome più altosonante è quello di Dario Franceschini che non si può accusare di non essere un vero progressista. Ebbene proprio lui, sia pure se molto diplomaticamente, potrebbe vedere salutare un vertice diverso.

Allora, qual è il nome più gettonato? Quello di Dario Nardella che ha fatto un ottimo lavoro come sindaco di Firenze. E’ succeduto a Matteo Renzi, di cui era un grande alleato ed il suo compito non era affatto facile. Primo, perché si doveva discostare dalle manovre dell’ex presidente del consiglio; secondo, perché Firenze è una città difficile per le migliaia di turisti che ogni anno la vanno a visitare. Se tornando nel loro Paese avessero  raccontato ai giornali grandi pecche della città, il nome di Nardella sarebbe finito nel dimenticatoio.

C’è ancora una terza ragione ben più delicata che si oppone a questa ipotesi. Quella che si potrebbe definire la tifoseria di Paolo Gentiloni. Per tornare a Roma e guidare il partito lascerebbe volentieri l’Europa, dove si è comportato in maniera egregia. Sullo sfondo, non si deve dimenticare un’altra data importante per il futuro del Paese: l’elezione del Presidente della Repubblica dopo i due mandati di Sergio Mattarella. Un terzo mandato è impossibile, quindi…….

Obiezione: ma il Capo dello Stato rimarrà in carica fino al 2027, ragione per cui chi parla di successione al Quirinale fantastica e basta. Eppure, se ne discute e i rumors dicono che il problema non è così assurdo come potrebbe apparire. I dc, vecchi e nuovi, hanno sempre dettato legge in questo campo e non desiderano mollare la presa. Far rimanere Elly Schlein alla segreteria  del Pd potrebbe voler significare concedere una grossa chance agli avversari e soprattutto a Giorgia Meloni.

Si può lavorare tranquillamente in un partito come il Pd dilaniato dalle correnti? La risposta è una sola: no. Purtuttavia Elly, con caparbiertà, continua a svolgere il suo compito tra mille ostacoli e mille pallottole sparate dal fuoco amico. Abbandonata per il momento la battaglia per il salario minimo (che potrà essere ripresa più in là) la segretaria è alla ricerca di nuove iniziative che possano ricompattare il partito. E’ contro di lei il governatore della Campania Vincenzo De Luca (“Ho preso il triplo dei suoi voti”), però la segretaria non se ne cura  e tira avanti. 

Adesso è impegnatissima perché in Medio Oriente si possa raggiungere la pace. Non parla di genocidio israeliano (al contrario di un cantante che a Sanremo ha voluto esternare le sue simpatie troppo di sinistra), ma di trovare un’idea comune con la Meloni per raggiungere un’intesa e trovare un denominatore comune che possa avere il beneplacito di molti altri Stati. Non è un programma peregrino: finalmente invece di litigare, di dibattere e di dire sempre no alla maggioranza, ci si potrebbe presentare in Europa con un nuovo biglietto da visita. Con i suoi nemici (gli anti Schelin) che non saprebbero più come combatterla, in prima fila l’avvocato del popolo Antonio Conte. Non è poco, vero?

 

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Bruno Tucci