Sul Pd ha proprio ragione Enrico Letta quando nel suo discorso di addio ai dem, esclama: “Non bisogna fare un nuovo segretario, ma un nuovo partito”. Come dargli torto?
Insomma, l’ormai ex leader dei democratici affonda il dito nella piaga e ammonisce quanti invece impazzano per cercare di vincere le primarie per poi comandare. Tutto questo avviene mentre nel Pd si è aperta una guerra per dare un volto diverso al partito. Come? Non più dunque Pd, ma partito del lavoro o qualcosa di simile.
Capite? Mentre nel Paese c’è una inflazione che raggiunge l’11 per cento; mentre molte famiglie non sanno come mettere insieme il pranzo con la cena, il Pd si preoccupa della vernice.
Credete voi che al popolo della vecchia sinistra possa interessare questo problema? Se poi nelle periferie o nelle vecchie roccaforti del partito c’è perplessità e mugugno o anche nelle fabbriche dove una volta la classe operaia imperava che cosa possiamo rispondere agli italiani di sinistra che sono incerti, amareggiati e abbandonano la loro “casa”?
Insomma, il braccio di ferro continua imperterrito ad andare avanti e la dirigenza non comprende che i tempi sono cambiati e il ritornello ha un altro refrain. Macchè!
La poltrona è poltrona ed allora si deve pensare che il vecchio Giulio Andreotti aveva pienamente ragione quando esclamava:”Il potere logora soltanto chi non lo ha”. Perché anche in questi giorni, come negli ultimi due mesi, il dibattito non prende affatto in considerazione i grandi problemi che affannano l’Italia. Il caro bollette, la borsa della spesa, in poche parole la sopravvivenza. Ma si occupa di come cambiare non la sostanza del partito, ma il suo aspetto esteriore.
Altrimenti non si spiegherebbero i tanti conflitti interni, le correnti, gli sgambetti come se non si trattasse di appartenere ad una stessa ideologia, ma uno scontro tra opposte fazioni.
Allora alle primarie che sono ormai alle porte i candidati alla segreteria sono quattro: Stefano Bonaccini, Elly Schlein (forte dei suoi tre passaporti), Gianni Cuperlo e Paola De Micheli.
I primi due partono favoriti, ma nonostante fossero fino a ieri, presidente e vice presidente della Emilia Romagna, si fronteggiano come due vecchi nemici inseguendo le antiche glorie del Pci. Chi la spunterà?
Difficile dirlo, perché fino ad un mese fa Bonaccini sembrava non avere ostacoli sul suo cammino. Adesso la vittoria si allontana perché la fidata collaboratrice di una volta ha sterzato a sinistra cercando di riportare a casa quelli che anni fa primeggiavano e non erano messi in discussione. Mossa vincente? Chi lo sa? Però nemmeno un traguardo così importante per il futuro dei dem interrompe la guerra fra gruppi che si scontrano un giorno e un altro pure.
“Non mi riconosco più nel mio vecchio partito”, dice un militante che lavora ancora in una grande fabbrica del Nord. Mentre Luigi Zanda, un nome che non può essere dimenticato per la sua lunga militanza, esclama: “Il partito va rifondato da cima a fondo ed io tiro la volata a Cuperlo che appare l’uomo che potrà portare un vento nuovo”. Continua Zanda: “Penso che lui possa essere l’unico in grado di riportare in noi quel travolgente desiderio di far vincere le nostre idee”.
L’interrogativo, allora, è questo: Il Pd tornerà ad essere il partito che più a sinistra non si può? O il progressismo, tanto declamato, avrà un altro volto: più pacato, meno aggressivo, insomma definiamolo soclademocratico? Chissà? La verità è che i D’Alema, i Bersani, la Rosa Bindi ed altri di quel tempo non mollano e una combattente come Livia Turco dice espressamente: “Ben tornati compagni”. Chiediamoci: se questo è il cambiamento, dov’è la svolta?
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