Stefania Battistini, giornalista e inviata della Rai, è stata inserita nella lista dei ricercati della Russia, con l’accusa di “attraversamento illegale del confine”, come riportato ieri dal ministero dell’Interno di Mosca. Battistini, insieme all’operatore Simone Traini, è stata la prima giornalista, ad agosto, a documentare un’incursione delle forze ucraine in territorio russo, a Kursk. Questo scoop internazionale ha evidenziato la professionalità della reporter del Tg1, ma ha anche comportato serie conseguenze. A causa del mandato di cattura emesso contro di lei, Battistini è stata costretta a tornare in Italia, poiché, se catturata dalle autorità russe, rischierebbe fino a cinque anni di prigione.
Nonostante il ritorno forzato, la giornalista non si arrende a quella che appare come una chiara intimidazione contro la libertà di stampa. Oltre a Battistini e Traini, altri giornalisti stranieri sono stati accusati con lo stesso capo d’imputazione, tra cui Simon Connolly di Deutsche Welle e Nick Walsh della CNN, oltre a diverse reporter ucraine. Questa azione da parte della Russia ha sollevato preoccupazioni internazionali, soprattutto in ambito giornalistico, dove tali restrizioni sono viste come una grave minaccia alla libertà di informazione.
Già un mese fa, l’FSB, il servizio segreto russo, aveva aperto un procedimento penale contro i due inviati italiani, accusandoli di essere entrati illegalmente in Russia durante un’operazione militare ucraina e di aver registrato immagini non autorizzate nella regione di Kursk. Tuttavia, secondo la Convenzione di Ginevra, i giornalisti embedded nelle zone di guerra, come Battistini, dovrebbero essere protetti, una pratica seguita anche dalle forze russe in Ucraina.
La comparsa dei nomi di Battistini e Traini nel database del ministero dell’Interno russo ha subito innescato tensioni diplomatiche. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha espresso sorpresa e convocato l’ambasciatore russo Alexei Paramonov, sottolineando la singolarità della decisione russa. La Rai ha prontamente reagito, condannando l’atto come una “violazione della libertà d’informazione” e difendendo l’operato dei propri giornalisti.
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