Affitti brevi, resta aliquota al 26%. Cos’è il codice identificativo approvato dalla maggioranza

Entra nella manovra la proposta di Forza Italia per un codice identificativo nazionale per gli affitti brevi. Al termine del vertice sulla manovra è stato confermato l’aumento al 26% dell’aliquota dalla seconda alla quarta casa messa in affitto fino a 30 giorni, specificando che per la prima resta al 21%. C’è l’impegno di destinare il gettito derivante – circa un miliardo di euro secondo stime circolate nella riunione – alla riduzione delle tasse sulla casa.

Affitti brevi, cos’è il codice identificativo

Il codice identificativo servirà a tracciare tutti quelli che affittano un appartamento. Secondo quanto proposto sarà necessario per iscriversi a piattaforme come Booking o Airbnb.

La proposta l’aveva lanciata Forza Italia ed era stata annunciata dal portavoce nazionale e vicecapogruppo vicario azzurro alla Camera Raffaele Nevi. Intervenendo a Sky Agenda, Nevi ieri aveva ribadito che per il suo partito “aumentare la cedolare secca sia un errore” e “può incentivare il nero”. Mentre il codice identificativo nazionale “in Grecia ha aumentato di 10 volte il gettito per quanto riguarda gli affitti brevi”.

Forza Italia contraria alla cedolare secca al 26%

Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli, entrando a Palazzo Chigi, a proposito dell’aumento della cedolare secca previsto nelle bozze della legge di bilancio, aveva spiegato: “Noi quando si toccano le tasse non dormiamo di notte e quindi anche questa impostazione non ci è piaciuta molto”. Barelli aveva aggiunto: “Dopo un certo numero di appartamenti che il proprietario mette a disposizione per gli affitti brevi è corretto che paghi maggiori tasse perché diventa un’impresa. Però spostare al 26% la cedolare secca per un solo appartamento o per due appartamenti non ci sembra che sia corretto”.

“Parliamo di un comparto che non è solo quello dei centri storici dove arrivano gli americani ricchi che possono pagare di più – ha sottolineato Barelli -. Stiamo parlando anche di un’attività che in un momento di crisi svolgono anche tante famiglie al di fuori dai centri storici e magari anche in provincia e nelle periferie”.  

 

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Lorenzo Briotti