Agosto è generalmente il mese della tregua. Non per tutti se pensiamo all’Ucraina e al Medio Oriente. Se invece guardiamo in casa nostra, il caldo -stranamente – ha raffreddato gli animi. O, almeno, ha rimandato le grandi polemiche politiche che avranno come palcoscenico settembre.
C’è un unico argomento su cui i duellanti non fanno mai la pace, sia pure temporanea. Fascismo e antifascismo: non c’è giorno, nemmeno sotto il solleone, che gli animi si possano sopire. Sembra quasi una lezione che gli alunni debbono imparare a memoria.Eppure, il ventennio è finito da anni: in archivio da ottantuno primavere.
Quanta acqua è passata sotto i ponti, ma non importa. Il feroce contrasto non accenna a fare un passo indietro. Ogni argomento è buono per alzare i toni e riaccendere la miccia.
Lasciamo da parte i nostalgici e coloro che li accusano quotidiamente. Oggi come oggi sono altri i problemi che travagliano il nostro Paese. Però, la maggioranza e opposizione li nascondono in un cassetto, li rinviano per paura soprattutto di non trascorrere un periodo di riposo.
Sante ferie, si potrebbe dire. Ma il fuoco cova sotto la cenere e chi crede che l’incendio sia per il momento sopito sbaglia di grosso. Ad esempio, è guerra aperta nel movimento Cinquestelle.
Beppe Grillo, ossia il padrino, non vuole affatto scomparire dalla scena politica anche se non ha un incarico di riferimento. Giuseppe Conte (che lui stesso inventò tirandolo fuori dal cilindro) è diventato il suo nemico numero uno. Finchè si trattava di avergli trovato una poltrona assai comoda (quella di Palazzo Chigi, ad esempio), beh, non era considerato un grattacapo di grande importanza. Man mano che il tempo passava, il comico ridiventava polemico e impugnava il fioretto, se non la spada.
L’avvocato del popolo era andato al di là dei compiti che gli erano stati affidati. Aveva ridisegnato il movimento che ora si doveva chiamare partito; i suoi fedelissimi avevano occupato tutti i posti di comando e quando i vecchi grillini lo facevano notare al presidente li metteva a tacere in un batter d’occhio.
Allora Grillo ha perso le staffe ed ha cominciato a denigrarlo con frasi e parole taglienti. I 5Stelle non contavano più, i sostenitori erano diminuiti neanche si fossero rivolti ad un illustre dietologo. Conte aveva pure la faccia tosta di voler cambiare nome a quella che considerava ormai una “sua forza”.
Questo era davvero troppo, ma lui insisteva e non si faceva intimorire. “Lo deciderà la base se le stelle di un tempo sono ormai svanite”, sosteneva Giuseppi con orgoglio. Adesso che siamo alla vigilia di Ferragosto, i pungenti battibecchi sono sopiti, ma appena il grande caldo svanirà gli animi dei 5Stelle (li dobbiamo ancora chiamare così?) si riaccenderanno e il Palazzo ridiventerà di fuoco. Essere o non essere insieme al Pd? Questo vorrebbe dire diventare una ruota di scorta di Elly? Eccolo il grande dilemma, scusate se è poco.
Il rinvio: la parola d’ordine che tiene in sospeso la politica è proprio questo. A settembre si riparlerà d’Europa e dell’isolamento in cui potrebbe finire Giorgia Meloni; delle nomine Rai che la sinistra continua a sostenere Telemeloni, dimenticando lo spoil system dei tempi in cui regnava l’attuale minoranza.
Dei referendum che potrebbero colpire al cuore l’esecutivo con l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata; del premierato, la madre di tutte le riforme, su cui Giorgia ha messo la faccia. Insomma, si prepara un autunno difficile e forse a Palazzo Chigi si dovrebbe avere più coraggio e non arretrare di un centimetro se non si vuol ripetere il ritornello di una volta che gli italiani hanno ampiamente imparato.
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