Il testo del disegno di legge sulla Autonomia differenziata appena licenziato dal dal Governo ha cominciato il suo iter parlamentare, cammino che si annuncia lungo e tortuoso.
Con accenti diversi la maggioranza va avanti nel progetto, le opposizioni, compatte, ne denunciano il profilo disgregante sul piano dell’unità nazionale e potenzialmente eversivo (è la parola usata anche dalla Fondazione Gimbe), quando prefigura standard diversi nell’offerta di diritti e servizi.
Prima questione: tutte le Regioni dovrebbero poter partire alla pari, mentre il Paese sconta ancora uno storico e drammatico divario per esempio tra nord e sud. Come la mettiamo in ambito sanitario? Sembra lapalissiano, dati i livelli di sviluppo, ma a sud l’aspettativa di vita è di gran lunga inferiore agli standard del nord.
“Un neonato di Firenze ha un’aspettativa di vita di quasi quattro anni in più rispetto a uno di Caltanissetta. Mentre un bambino nato nel 2021 in provincia di Bolzano ha una speranza di vivere in buona salute per 67,2 anni, contro i 54,2 di uno nato in Calabria”.
Una constatazione non smentibile quella offerta dal presidente dell’Ordine nazionale dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Il presupposto per lanciare un appello alla politica.
“Rivedere il disegno di legge sull’Autonomia differenziata“, perché prima di avviare un iter simile “è necessario colmare le già forti disuguaglianze di salute presenti nelle regioni”.
“Tutte le persone sono uguali davanti alla Repubblica – spiega Anelli – come recita l’articolo 3 della Costituzione. E anche per la salute vale lo stesso: ad ogni persona presente sul territorio nazionale, lo Stato garantisce il diritto alla salute. Ma il testo che è stato presentato sull’autonomia differenziata, che esalta ovviamente il ruolo delle Regioni, rischia di non essere un testo che aiuta a colmare le differenze che, purtroppo, esistono sul territorio nazionale, le disuguaglianze in tema di salute”.
La critica della Fondazione Gimbe è ancora più netta. Un “colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale e la legittimazione normativa delle diseguaglianze nella tutela della salute”, ha dichiarato il presidente Nino Cartabellotta, presentando il report ‘Il regionalismo differenziato in Sanità’, chiede al governo di “espungere la sanità dalle richieste di autonomia differenziata”.
Altre istanze, rileva Cartabellotta, “risultano francamente ‘eversive’. Una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe il via a sistemi assicurativo-mutualistici regionali sganciati dalla, seppur frammentata, normativa nazionale”.