Berlusconi l’aveva detto il 20 maggio dello scorso anno, location il ristorante da Cicciotto: l’Ucraina di Zelensky dovrebbe nel suo interesse trattare la resa sotto forma di cessate il fuoco e cessione alla Russia dei territori dalla Russia rivendicati o militarmente occupati. Non era una voce da piatti gustosi su imbandita tavola fuggita. Infatti Berlusconi l’aveva ridetto: il 22 settembre a Porta a Porta da Bruno Vespa. Ridetto pari pari. E poi l’aveva ridetto il 18 ottobre ad una assemblea dei suoi parlamentari. Non una ma tre volte almeno in pubblico (chissà quante in privato) Berlusconi aveva detto che era nell’interesse di tutti che l’Ucraina diventasse un po’ più piccola e la Russia un po’ più grande, che era saggio e doveroso per gli occidentali fare la pace cedendo ai russi territorio altrui e che l’Ucraina ci doveva stare senza ingrugnarsi. Ieri l’ha ridetto per la quarta volta, anzi l’ha detto più forte e più netto, un vero salto di qualità.
Il salto di qualità è evidente e marcato. Consiste nel passaggio concettuale dal classico Putin ha sbagliato ma Kiev e la Nato l’hanno provocato ad un franco è Zelensky che sbaglia pericolosamente per tutti e Putin ha fatto bene a difendere le Repubbliche del Donbass (Donetsk e Lukansk). Dice e soprattutto pensa Berlusconi: “quel signore”. Attenzione: la scelta di neanche nominarlo è la scelta di sottolineare il massimo disprezzo per Zelensky. Dice e pensa Berlusconi: “con quel signore non bisogna parlare”. Bisogna invece fargli un’offerta che non può rifiutare.
A “quel signore” va forzata la mano e non solo la mano, gli va detto tosto e a muso duro: ordina l’immediato cessate il fuoco e l’Occidente ti darà miliardi e miliardi, ti conviene, conviene a te e a tutti gli ucraini. Smettete di combattere e avrete i miliardi, continuate a combattere e non avrete più neanche un dollaro e neanche un fucile. Berlusconi dice e pensa che questo è quel che farebbe se fosse in lui, se lui avesse responsabilità di governo. Lui leader di qualcosa direbbe, lo giura, o mangi questa minestra o ti butti dalla finestra, lo direbbe a “quel signore”. Infatti Berlusconi invita Biden a fare questo discorsetto a “quel signore”. Quello che è meglio neanche nominare, altro che andare a fargli visita e sostegno.
Berlusconi pensa e dice che la colpa della guerra è di Zelensky: “non doveva attaccare le Repubbliche del Donbass e non sarebbe successo nulla”. Berlusconi attesta dunque che quella parte di Ucraina (Donbass dopo la Crimea) in realtà se sia Ucraina o Russia lo decide chi ha il bastone più forte, cioè Putin. Berlusconi statista internazionale sancisce il principio che le frontiere si spostano con i carri armati e si tracciano con i cannoni. O, più semplicemente, come dice il suo amico Vittorio Sgarbi, è affascinato, fedelmente affascinato e invaghito di Vladimir Putin. Ma Sgarbi ha gran competenza di teatro e arti varie, nulla di Storia e dei suoi moventi e vettori.
Berlusconi non è che sia innamorato politicamente di Putin, è che Berlusconi è l’ultima in ordine di tempo incarnazione di una cultura e prassi politica e d’opinione riassumibile nel pax mia mors tua: tutto per la “mia” pace, bene che non ha prezzo. E invece un prezzo ce l’ha: la Storia, recente come quella remota, mostra (la Storia insegna nulla) che non assegnare nessun prezzo troppo alto alla pace porta alla guerra. Che fare la qualunque per tenere la guerra fuori della porta di casa la guerra te la porta in casa. Berlusconi a Putin un quinto di Ucraina gliel’avrebbe già data, tanto mica è roba nostra l’Ucraina. Aggiunge poi Berlusconi uomo di mondo: dai, smettetela di far casino ucraini, in cambio vi diamo i soldi, lo scambio vi conviene.
Maria Zakarova portavoce di Putin ha espresso tutta la sua soddisfazione per le parole di Berlusconi, anzi di più: la gioia. Gioia espressa con un “finalmente la verità!”. La verità sull’asse Mosca-Arcore è che non l’Armata russa ha varcato i confini ma che le truppe russe sono andate a posizionarsi là dove era già Russia, solo che si chiamava Ucraina. Strada facendo hanno provato a prendersela tutta l’Ucraina. Eccesso di zelo. Non è andata ma ora, ragionevolmente s’intende, l’Ucraina si arrenda e “quel signore si levi di mezzo”, versione soft della “denazificazione”.
Ci sarebbe, anzi c’è un problema. Mica piccolo, mica da poco. L’Italia è nella Nato, la Nato appoggia militarmente “quel signore”, la Nato, la Ue, gli Usa, il Canada, l’Australia, la Corea del Sud, il Giappone, circa 50 paesi appoggiano “quel signore” e non vogliono che Putin vinca la guerra. Questo non vieta a cittadini italiani di stare dalla parte di Putin e di non voler avere niente a che fare con “quel signore”. Ma se quei cittadini italiani sono capo di partiti che esprimono ministri del governo in carica? In questo caso come si fa a livello Nato, Ue, alleanza occidentale tutta a fidarsi fino in fondo dell’Italia? Metti: una scelta strategica e al tempo stessa immediata di invio di sistemi d’arma a Kiev o anche la definizione di una strategia e di una linea di tregua armata, come si fa a essere sicuri che, se ne parli subito con gli italiani, non arrivi a Berlusconi e da lui non venga messa in piazza?
L’Italia: quello che sembra il partito in crescita dell’opposizione, M5S di Conte, è pacifista senza se e senza ma, è contrario all’invio di armi all’Ucraina e pronto a pagare il costo della pace in termini di territori, indipendenza e libertà degli ucraini. Il Pd al sentire la parola pace va in deliquio e alla parola armi gli vien la tremarella elettorale e culturale. Al e nel governo italiano c’è la Lega di Salvini attestata sul caposaldo: le sanzioni alla Russia costano, quindi…Al e nel governo ci sono i ministri di Forza Italia, il partito del suddetto Berlusconi.
Per la collocazione, la credibilità e la sicurezza (sì, la sicurezza) dell’Italia meno male che Giorgia c’è. Un ceto politico letteralmente incosciente del reale vorrebbe, di fronte ad una guerra tra civiltà della libertà e civiltà del potere, disporsi a fare “i furbetti della battagliuccia”. Una opinione pubblica inconsapevole di suo e tenuta inconsapevole da una comunicazione che opera sistematicamente a sua sistematica insaputa non sa e non vuol sapere per cosa si combatte e che guerra è. Se accettasse di saperlo dovrebbe svelare a se stessa quanto poco valore assegna a libertà, democrazia e pace. Sì, pace. Perché in Europa c’è pace solo da quando il metodo Putin e la conquista degli “spazi vitali dei popoli” sono stati sconfitti. Sconfitti con le armi. Con le armi che altrimenti non c’era per loro sconfitta ma raggiunto dominio. Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono, incredibile ma non troppo a dirsi, l’ancoraggio dell’Italia nella Nato e nello schieramento occidentale. Lo sono qui e oggi. Forse, anzi non forse, perché sono il partito dalla cultura e tradizione più autoritaria e meno populista del lotto dei partiti su piazza. Ma…
Con gran timore, imbarazzo e circospezione Zelensky non è stato mostrato agli italiani su quel gran palco che è il Festival di Sanremo. Zelensky che sarebbe l’alleato cui mandiamo armi e aiuti economici. Zelensky e gli ucraini la cui sconfitta diciamo sarebbe la nostra sconfitta. Ma Zelensky a Sanremo non l’abbiamo retto, l’abbiamo messo in coda, nascosto, oscurato come un lontano, discutibile e imbarazzante parente, lontano parente impelagato in guai suoi. La Rai coraggiosa su identità sessuali, razzismo, condizione femminile, tutti temi entrati nel format ufficiale e accettato, si è fatta timida e pavida su Zelensky e la guerra. E di Berlusconi non dice tutto il dire che ha sbagliato la sezione elettorale, non sapeva quale scheda elettorale mostrare (perché ne aveva due?), aveva il passo incerto reso certo solo dal braccio di Marta Fascina, aveva la battuta stantia e inopportuna (“ho votato per l’Inter”) mentre usava, coglieva l’occasione del voto per tifare per Putin.
Non basta declinare le cronache di un povero ricco afflitto dall’età e da una visione null’altro che grandiosamente bottegaia della vicenda umana e delle vicende degli umani. Non sono solo canzonette e non sono solo le cronache sfrontate di un povero ricco sfondato: rispunta l’ipocrita differenza tra armi da difesa da mandare e armi di offesa da non mandare, si omette che l’Italia è la nazione che finora di armi all’Ucraina ne ha mandate meno. Rispunta in Parlamento, nei cortei, nelle chat, nei sondaggi d’opinione, nei luoghi comuni della propaganda e anche nel comune sentire…Cosa rispunta? Se solo la Storia ce lo consentisse, rispunta la voglia, la disposizione e l’attitudine ad uno spirito della nazione che, di fronte alla guerra, si squaglia.
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