La deputata del Pd Cecilia Guerra dice a Giorgio Mulè di Forza Italia”grazie, signora presidente”. E’ accaduto ieri, giovedì 28 dicembre. Mulè presiedeva l’Aula durante l’intervento su un emendamento alla manovra.
Il gesto plateale della Guerra è stato ovviamente provocatorio e Mulè non ha gradito l’appellativo: “Onorevole Guerra, avrei qualcosa da dire. Non può rivolgersi a me come signora, la mia identità quella è”.
Guerra ha spiegato che spesso molti politici si rivolgono a colleghe donna chiamandole al maschile: “In quest’aula, l’onorevole Marco Perissa ha parlato della segretaria del mio partito (Elly Schlein, ndr) chiamandola al maschile, segretario, ritenendo che questa era una scelta che a lui competeva”.
La Guerra ha proseguito: “Se a lui compete rivolgersi a una donna con un appellativo maschile, a me è concesso rivolgermi a lei con un appellativo femminile. Se lei ci tiene al suo genere, io tengo al mio. Basta rivolgersi a noi donne con appellativi maschili”.
In questa legislatura, la correttezza di genere nel linguaggio è un tema particolarmente discusso. la prima ad aver tirato fuori il tema è stata la premier stessa che ha chiesto espressamente di essere chiamata al maschile, “il presidente del Consiglio“.
Qualche settimana fa, una settantina di parlamentari ha scritto una lettera al presidente del Senato, Ignazio La Russa, in cui chiedeva che a Palazzo Madama venisse sempre garantito il “rispetto del linguaggio di genere”. I parlamentari chiedevano anche che fosse “riconosciuto il diritto di ogni senatrice ad essere chiamata senatrice e non senatore”. Lettera che però, a quanto pare, non è stata presa minimamente in considerazione.
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