Chissà, se da dove si trova, Silvio Berlusconi riuscirà a seguire gli incerti e ondivaghi atteggiamenti di Antonio Tajani e degli altri importanti esponenti di Forza Italia?
Un fatto è certo: da quando i due figli maggiori del Cavaliere si sono espressi in maniera così inaspettata il suo successore non sta trascorrendo giorni tranquilli. In particolare, per le parole di Pier Silvio, il quale ha detto chiaro e tondo che il partito creato da suo padre doveva cambiare.
D’accordo, ma come? Essere più moderato, più somigliante a quella che una volta era la Democrazia Cristiana? Ai giornalisti (e non) che hanno posto questa domanda al nostro vice premier la risposta è stata quanto mai sibillina.
Prima di comprendere appieno la virata dei due eredi, Tajani ha avuto la bocca cucita o quasi. Si è limitato a dire (e non è poco) che l’autonomia differenziata voluta sia dal ministro Calderoli che da tutti i leghisti andava ben ponderata.
Il governatore calabrese di Forza Italia, Roberto Occhiuto, era andato palesemente controcorrente chiedendo per lo meno una moratoria. Insieme con lui altri esponenti meridionali, i quali temevano che il gap tra Nord e Sud sarebbe aumentato dividendo in modo netto l’Italia in due: ricchi e poveri, privilegiati e non.
Fiutando aria di burrasca, Tajani ha parlato con Giorgia Meloni esprimendo le sue perplessità e i suoi dubbi sulla legge firmata dal Carroccio. Non era molto, ma riusciva a calmare le acque e i non pochi dissidenti?
Ufficialmente, nessuno degli oppositori si pronunciava perché forse il referendum abrogativo organizzato da tutta la minoranza avrebbe fatto giustizia. Però, quella mossa che spaccava apertamente l’alleanza di destra probabilmente non bastava. Allora, in che maniera i berluscones avrebbero potuto alleggerire il peso di quella iniziativa?
Pier Silvio, apertamente, aveva detto che il partito doveva cambiare: aria nuova senza continuare ad essere la ruota di scorta dell’esecutivo di cui lui, Antonio, era comunque “magna pars”.
A chi avrebbe potuto rivolgersi se non ai fedelissimi di Silvio con i quali trovare un escamotage che potesse dare a Forza Italia un volto diverso? Ottima iniziativa: così ad Arcore si sono susseguiti cene ed incontri che potevano far nascere quella intuizione in grado di placare gli animi di Marina e Piersilvio.
Prima di tutto: andare alla ricerca di nuovi adepti che avrebbero potuto dare una maggiore consistenza al partito. Dove trovarli, visto il chiaro dualismo in cui oramai vive l’Italia: destra e sinistra con il centro ormai disperso e praticamente scomparso?
Era proprio questo l’obbiettivo. Certo, la vecchia Dc era solo lontana memoria, ma quanti ricordavano quell’èra che aveva dato al Paese tanti successi? Azione di Giorgio Calenda navigava a vista, non sapendo quali obbiettivi scegliere.
Italia Viva, il cui leader, ormai uscito dal giro, cercava un ultimo appiglio abbracciandosi con Elly prima durante una partita di calcio fra parlamentari e cantanti, poi offrendosi alla segretaria del Pd per un centro sinistra nuovo nel quale Matteo avrebbe potuto richiamare quella gente di centro che non si sentiva più a suo agio con il nuovo Pd di Elly, spingendo il partito ancora più a sinistra per la rivoluzione da lei voluta fin da quando si era seduta sulla poltrona più importante di via del Nazareno.
Ecco dove poteva pescare la “diversa” Forza Italia, rivolgendosi a quei parlamentari e a quegli scettici che non credevano più in Renzi ed alle sue capriole.
Potrebbe essere una via d’uscita in grado di far vivere giorni più tranquilli con la benedizione di quanti ancora vivono nel ricordo del Cavaliere Berlusconi? Interrogativo difficile, come è tormentato il cammino che si dovrà fare. Un futuro problematico, non c’è dubbio. La risposta potrebbe venire dalle elezioni regionali di ottobre e novembre in Liguria, Umbria ed Emilia Romagna.
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