Cinquant’anni fa. Era il 28 maggio 1974. Alle 10.12 Piazza della Loggia – il grande cuore di Brescia – venne dilaniata dallo scoppio di una bomba (lasciata dai neo-fascisti in un cestino della immondizia) che provocò 8 morti e 102 feriti. Era in corso una manifestazione antifascista. È passato mezzo secolo ma la ferita è ancora aperta: lo è per le famiglie di chi in piazza perse la vita, lo è per la città che si sentì colpita nel profondo, lo è per le istituzioni democratiche del Paese che chiedono ancora giustizia e verità. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha raccolto e fatto sue le suppliche, le accorate preghiere dei familiari e degli studenti incontrati alla commemorazione.
Il presidente della Repubblica, in teatro ha poi ricordato “la risposta della città compatta e determinata all’attacco e ha affermato che oggi la Repubblica è Piazza della Loggia”. E ancora: ”Gli ideatori, gli esecutori, i complici di quell’attacco volevano riportare il tempo indietro: riportarlo ad una stagione oscura, segnata dall’arbitrio della violenza, della sopraffazione sfociata nella guerra. In Italia c’era chi tramava e complottava per instaurare un nuovo regime autoritario. Contro la Repubblica, nata dalla Resistenza, che aveva indicato le sue ragioni fondanti nella democrazia, nella libertà, nel pluralismo, nella solidarietà; principi scolpiti nella Carta Costituzionale.” Poi ha ripreso: “Oggi, la Repubblica italiana è Brescia, è Piazza della Loggia, è questo teatro, con la presenza è il coinvolgimento di tante persone”. Ha concluso: ”Respingere i seminatori di discordia è il modo per ricordare degnamente i martiri; è quello di respingere e isolare i predicatori d’odio, gli operatori di mistificazione. È quello di rivendicare e vivere i principi e i valori su cui si basa la nostra Costituzione”.
Gli anni ‘70 sono stati gli anni della strategia della tensione e delle stragi. La prima fu quella di piazza Fontana (12 dicembre 1969); una terribile esplosione scosse l’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Al primo conteggio risultarono 14 morti e quasi 90 feriti. Altri subirono le scene orrende capaci di cambiare una vita. In quello stesso giorno in Italia furono piazzate altre 4 bombe: tre a Roma e una in un’altra banca di Milano; ma non ci furono altri morti. Poi la strategia della tensione decollò con le bombe neofasciste di Gioia Tauro in Calabria, di Peteano (3 carabinieri uccisi), di Milano davanti alla Questura (4 morti). E poi le bombe sui treni. Tutte operazioni che non conseguirono il loro obiettivo primario: distruggere la democrazia italiana, imponendo un sistema politico repressivo, o comunque autoritario.
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