Date da ricordare. Una su tutte: 2 giugno 1946. Un giorno solenne in cui gli italiani (e per la prima volta le italiane) furono chiamati a votare al referendum per decidere se l’Italia dovesse essere Repubblica o Monarchia. Come è andata è noto: affluenza record (il 90% degli aventi diritto), vittoria dei pro-Repubblica con 12.700.000 voti contro 10.700.000.
I partiti di massa – Dc, Psiup e Pci – raccolsero insieme i due terzi dei voti. Annullate 1,5 milioni di schede, un fatto che rimane tuttora abbastanza misterioso. La storia e la geografia ebbero un ruolo decisivo: le regioni tradizionalmente “rosse” (Emilia Romagna, Toscana, Liguria) votarono decisamente a favore della Repubblica; il Sud votò la Monarchia.
Il politologo inglese Percy Allum annota “il voto per la Monarchia fu nel Sud quasi il doppio che nel Nord”. Spiegazione: nel Sud “la Resistenza era stata molto meno sentita”. Molti in realtà erano spaventati da quello che consideravano “un cambiamento eccessivo”. È il caso di ricordare che il celebre filosofo e storico Benedetto Croce (1866-1952) – icona dell’antifascismo – votò a favore della Monarchia. Nel suo diario scriveva che “ il referendum ha diviso l’Italia in due parti, che quasi si fanno equilibrio”.
L’11 giugno, appena una settimana dopo il referendum aggiungeva: “Festa Nazionale per la Repubblica. Festa perché? Con la votazione del 2 giugno si è aperto per l’Italia un periodo difficilissimo, di problemi da risolvere; c’è poco da festeggiare”. Non di meno in quello stesso anno ci fu chi tentò (senza successo) di convincere Croce a diventare presidente della Repubblica. Ma da quel giorno l’Italia è una repubblica, una e indivisibile. Almeno fino ai giorni scorsi.
La segretaria dem ha convocato una manifestazione di piazza con il chiaro intento di oscurare, o almeno contrapporsi, il “ 2 giugno delle destre”. Insomma se il suo entourage non la convince a fare retromarcia, il 2 giugno avremo la festa con Mattarella che simboleggia l’Unità della Repubblica e, poco più lontano, la festa della Repubblica autonoma delle sinistre unite. Ci facciamo sempre conoscere.
La mossa di Elly Schlein, peraltro criticata da molti del Nazareno, dimostra quanto si stia facendo profondo il solco che divide il Paese da certa politica e dal Paese reale. Fatto impensabile, ad esempio, che i partiti in America si dividano sul 4 luglio, festa dell’indipendenza dal dominio inglese; o che i francesi litighino tra loro il 14 luglio, festa nazionale nel giorno della presa della Bastiglia. Chiunque si trovi al comando in Francia o negli Stati Uniti se ne guarda bene da opporsi ad una festa che è di tutti. Un giorno di tregua in cui, come è stato detto “la memoria viene prima dell’attualità per evitare che si perda il senso di appartenenza”. Perso il 25 aprile, sempre più divisivo, c’è rimasto solo il 2 giugno. Vogliamo rovinare anche questo appuntamento?
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