Qualche volta anche il populismo ci piglia, e anche il suo vecchio bisnonno, il qualunquismo, questa volta ci avrebbe preso. Non ci vuole infatti una gran mira, il bersaglio è enorme, sfacciato, immobile nella sua ripetitività. Verrebbe, viene da dire recidività. Ma forse era solo fedeltà e orgoglio, fedeltà e orgoglio dei deputati della Assemblea Regionale Sicilia (peraltro qualcuno li ha candidati e soprattutto poi votati e quindi eletti) a quella che è una tradizione: essere i deputati che, pur se solo regionali, sono quelli che costano di più alle casse pubbliche. Italiane ed europee. Il primato non era insidiato e non sembra insidiabile ma una accortezza preventiva ha percorso l’Assemblea (ARS in acronimo) che ha immediatamente individuato la soluzione, quella consolidata peraltro dall’abitudine e dal blasone: aumentarsi in qualche modo la retribuzione a fine mese.
La maggioranza nella ARS è di destra-centro. Quindi Giorgia Meloni aveva eccome titolo per inviare ai deputati ARS sommesso messaggio: lasciate stare, non è il caso, si fa una figura politica (e anche umana) non di prima qualità. La risposta, anche a Giorgia, ARS l’ha fornita in una votazione notturna e segreta (come si conveniva al caso). La risposta è stata: Meloni, qui è autonomia siciliana, Meloni fatti i fatti nazionali, Meloni al peso del nostro stipendio cin pensiamo con la nostra bilancia, Meloni la chiacchiera è bella e importante, ma gli euro in tasca lo sono di più. Diamo pessima immagine ed esempio? Come fosse la prima volta…Faremo anche una pessima figura, tanto poi ci voteranno lo stesso. Giorgia…stai serena.
Però il richiamo del presidente del Consiglio proprio del tutto inascoltato e respinto non deve essere stato. Dell’ascolto che ha avuto se ne trova evidente traccia: i deputati ARS si sono aumentati l’indennità (in effetti sono indenni a un sacco di cose, tra cui il civico pudore) di 890 euro al mese. Perché proprio 890? Per una resipiscenza di marketing, tipo quando una merce, anzi tutte le merci o quasi, hanno prezzi a 9,90 e non 10 pieno, oppure 99,90 e non 100 pieno. Loro, i deputati ARS hanno fatto 890 per non fare 900, come si fa per i mandarini o i calzini. Ci hanno fatto lo sconto da 900 a 890 e in quei dieci euro devono aver prezzato sia il richiamo della Meloni che il malumor di gente a vederli assegnarsi più soldi a fine mese. Valore totale: 10 euro. Opportunità politica e graffio sulla pelle di chi lo stipendio non se lo aumenta da solo li hanno, se sommati, prezzati a dieci euro. Gli altri 890, al mese, se li sono assegnati e vanno a metterseli in tasca. Tasca, tasche di deputato che, valutazioni ufficiali dei deputati RSA, valgono 89 volte decenza politica più sociale presentabilità.
Voto segreto, così tra l’altro non si può sapere chi tra i deputati RSA ha votato contro. Robusta minoranza, circa il 35 per cento. C’è chi giura che la robusta minoranza era sicura di essere minoranza e quindi, fatti calcoli precisi sui rapporti di forza in Assemblea, ha votato no serenamente, sereni di essere minoranza. Voto segreto, dovrebbe essere così quando sono in gioco nella votazione questioni strategiche la cui rilevanza impone di lasciare al deputato la libertà di non obbedire alle indicazioni di partito. In questo caso il voto segreto non a questo evidentemente serviva. Serviva a non metterci la faccia sull’auto aumento di stipendio. Serviva ad un buio in cui… siamo tutti deputati. Che la faccia in aula non ce la mettono, ma le mani sugli 890 al mese in più ce le mettono eccome.
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