Elezioni in Liguria, per chi votare alle prossime elezioni regionali? Colpe e meriti di destra e sinistra.
Assistere ad un dibattito “politico” sulle televisioni nazionali o locali, è come leggere il resoconto di una battaglia scritto da qualcuno che non solo non vi ha partecipato ma, addirittura, quando la battaglia ha avuto luogo non era neanche nato.
Come è possibile andare a votare alle prossime “regionali” liguri ignorando le attuali condizioni dell’economia e dell’occupazione e senza chiedersi quali siano state le decisioni politiche che le hanno determinate?
La prima informazione necessaria per esprimere un voto consapevole, dovrebbe essere la seguente: da dove vengono i candidati alle elezioni, quali sono i loro “Valori” e la loro “Famiglia spirituale”, “Chi li guida”?
Questa domanda è importante, perché anche i candidati che affermano di essere dei “tecnici puri” e prendono le distanze dai partiti, alla fine si presentano nelle liste guidate da precisi gruppi, di destra, di centro o di sinistra.
Diffidate quindi ed escludete dal voto i sedicenti tecnici privi di una visione politica dei problemi, i quali diventano semplici replicanti dei funzionari di carriera.
Se aspiri a diventare un vigile urbano devi fare un concorso, se vuoi diventare assessore al traffico devi avere una competenza generale ed essere capace di valutare gli effetti pratici della politica sulla viabilità rispetto alle esigenze del territorio e dei cittadini.
Per esempio, l’avere creato a Genova un corpo specializzato di vigili in borghese che, mimetizzati nella folla motorizzata, ti piombano addosso al solo scopo di comminarti le multe, è stato un atto illiberale che farà perdere voti all’ex sindaco ed attuale candidato alla presidenza della Regione Liguria.
Da noi vige ancora lo Stato di diritto, non siamo ancora arrivati al Far west americano. Il fatto che i partiti della sinistra ligure non abbiano mai contestato le multe al solo scopo di ripianare i bilanci comunali, fa pensare che, se prendessero il potere, continuerebbero su questa strada.
Quale è stata la famiglia spirituale d’origine della sinistra ligure? Si tratta per la massima parte di uomini che avevano guidato il paese durante la Prima e Seconda Repubblica, i quali si sono riciclati cambiando i vecchi simboli di partito ed hanno continuato a governare in nome di un’etica nuova.
Gli “innovatori”, avevano cominciato con l’Ulivo di Prodi e poi Letta, Renzi, Gentiloni, fino al Conte due. I principali dicasteri erano occupati da ex comunisti ed ex democristiani, riconvertitisi al nuovo. Le principali posizioni di comando nelle strutture burocratiche erano rimaste nelle mani della sinistra.
Gli “innovatori” nostrani hanno fatto credere che le magagne del passato fossero la conseguenza delle scelte scellerate di un pugno di vecchi politici e che bastasse sostituirli per rinnovare il sistema. Solo che, per innovare bisogna cambiare le vecchie classi di potere stanziali.
Le categorie dei grandi burocrati che sono fin qui riuscite a trovare nella classe politica il “capro espiatorio”, con l’introduzione dell’economia di mercato, hanno finito per dimostrare tutta la loro inadeguatezza. Nessun governo può realizzare programmi senza la collaborazione attiva ed efficiente di chi deve interpretare e dare attuazione pratica alle leggi. La prima finalità di un partito dovrebbe essere quella di eliminare i burocrati d’area.
Ad esempio, quali sono state le scelte politiche che hanno determinato la cementificazione del territorio ligure, i mostri delle cosiddette case popolari, i ghetti che ne sono derivati?
La “rapallizzazione” rappresenta il risultato di scelte scriteriate degli enti locali che non hanno saputo difendere il territorio dalle colate di cemento per i mancati controlli da parte dei tecnici degli enti responsabili.
I giovani potranno informarsi quali sono state le “giunte” che avevano concesso le costruzioni del Biscione e di altri ecomostri e a quale gruppo politico appartenevano i dirigenti comunali “addetti” al comparto edilizio dell’epoca. Andate a consultare Internet per identificare i partiti che guidavano il capoluogo ligure e la Regione al tempo di questi misfatti.
Siete forse contrari alla privatizzazione delle aziende locali che gestivano il gas, l’acqua e la luce? Andate a vedere quali sono state le amministrazioni che le hanno deliberate ed avrete delle sorprese: sono state prevalentemente le giunte di sinistra.
Genova è stata al centro di innumerevoli scandali ai danni di uomini di partito che sono stati assolti, a partire dal pidiessino Burlando.
La situazione peggiore in materia di “dossieraggio” si verifica con i cambiamenti di regime perché le burocrazie designate dalle forze politiche che hanno perso le elezioni possono boicottare i nuovi governanti.
Ad esempio, nel dossieraggio che ha riguardato il ministro della Cultura Sangiuliano, c’era certo lo zampino di qualche vecchio dirigente ministeriale in grado di dare informazioni di prima mano alla stampa. Questo può spiegare la clamorosa decisione del successore Giuli di cambiare il capo di gabinetto.
AIl caso Toti in Liguria non si può spiegare solamente con l’iniziativa delle procure, perché le informazioni su cui si costruiscono le indagini sono spesso il risultato di delazioni di addetti ai lavori interni all’istituzione, fedeli ai vecchi centri di potere.
Ai nostri giorni, gli italiani che si sono allontanati dai partiti una qualche ragione ce l’hanno. Il fatto è che la politica è stata sostituita da torbide pratiche di delegittimazione delle forze avversarie, come la Meloni sta constatando (solo ora?) con la vicenda del funzionario di Banca Intesa che ha violato il segreto bancario.
Queste intercettazioni non sono ancora diventate “dossier” e forse si è trattato di un’azione isolata di un funzionario con problemi psichici. L’aspetto che nessuno considera è la facilità con cui un carneade qualsiasi sia in grado di entrare nella privacy di cittadini senza tutele.
Come si pensa di rimediare alle intercettazioni finite nelle mani dell’antimafia e dell’antiterrorismo che hanno riguardato persone qualsiasi? Esiste forse un “mercato nero” delle notizie “rilevanti” allo scopo di delegittimare le istituzioni (come afferma la Meloni) e, in tal caso, chi sono gli “acquirenti”?
Anche uno sprovveduto capisce che i clienti privilegiati delle spie siano i giornali che si sono arrogati il diritto di essere i “cani da guardia” della classe dirigente.
Quali ruoli ha avuto la stampa ligure nel “pompare” le notizie sugli scandali finiti in poco o in nulla? L’elettore deve chiedere che la politica si muova con celerità.
In Liguria esiste ancora una categoria di elettori molto attenta agli eventi della politica, i quali pensano di poter migliorare il sistema e non si rassegnano all’attuale stato di cose.
Queste persone, che rappresentano il 15/20 per cento dell’elettorato attivo sono i cosiddetti “riformisti”, i quali ritengono che le riforme necessarie dovrebbero trovare l’approvazione unanime di destra e sinistra.
Per chi voteranno i riformisti liguri alle prossime regionali? Anzitutto per i partiti che saranno in grado di proporre un programma di interventi utili per la massima parte dei cittadini e dei loro territori.
Certamente, non voteranno per i gruppi che puntano a dividere nord e sud. I personaggi che rispolverano vecchi miti, in passato hanno prodotto modeste conseguenze a carattere folcloristico.
La legge sull’Autonomia differenziata, è proposta da un partito “populista”, che mette la Nazione in prima fila., addirittura in termini antieuropeisti. Come fai ad essere un “patriota” se proponi di dividere il paese tra regioni ricche e meritevoli ed altre povere da affossare, invece, ad esempio, di ridurre i differenziali di efficienza in campo sanitario?
L’altra grande questione irrisolta è quella del finanziamento pubblico ai partiti, che in passato era vissuta come l’unico strumento di democrazia.
Infatti, Il gruppo dei ricchi (in proprio o come controllore delle ricchezze altrui), è in grado di porre al proprio servizio cervelli, strutture, mass media, può falsare la concorrenza dando luogo a dominazioni e sottomissioni, senza rendere conto ad alcuno del proprio operato, tanto più se la ricchezza è sfuggita alle maglie del fisco.
Come fai a votare per i 5 Stelle che hanno delegittimato le istituzioni e vogliono eliminare i partiti? Come fa il PD a concepire un “campo largo” che comprenda anche il movimento di Grillo, finito ora nelle mani di Conte?
Nessun riformista può accettare una norma che lascia alle segreterie di partito il diritto di indicare i nomi dei deputati e senatori da eleggere, distruggendo in radice ogni credibilità dell’istituzione. Ma non esiste partito che si batta seriamente per annullare tale legge.
Per queste ragioni i riformisti non dovrebbero votare oggi per il centro-destra, che non ha saputo proporre una decente legge elettorale, che premia i più fedeli e non riesce a selezionare una credibile classe dirigente, continuando ad aumentare il debito pubblico secondo la vecchia logica dei “partiti della spesa”.
Altrettanto importanti sono i motivi per cui un riformista non dovrebbe votare per il Pd. In questa formazione sono confluite due forze, quelle dell’ex partito comunista e gli ex democristiani di sinistra alla ricerca di una nuova identità.
L’abilità della sinistra al potere è stata quella di realizzare programmi economici degni di una destra qualsiasi, come quando aveva propiziato lo shopping delle società a partecipazione statale a vantaggio del capitalismo familiare morente e dei grandi conglomerati inglesi e americani.
Hanno svenduto, hanno regalato, hanno distrutto ricchezza in nome di un’etica nuova che loro dichiaravano di essere i soli a sapere interpretare.
Non era vero che fosse stata l’Europa ad imporci quei programmi: Francia e Germania non avevano mai contaminato le proprie attività industriali come è avvenuto nel nostro paese.
La Liguria è la regione che ha sofferto di più con la chiusura di industrie pubbliche che in passato avevano fatto la fortuna dei lavoratori.
Bisogna adesso guardare avanti: l’attuale legge elettorale lascia poche opzioni, ma l’impegno a partecipare a un possibile cambiamento non può essere disatteso. Occorre uscire dalla civiltà dell’immagine per imboccare la via della democrazia autentica, spazzando via gli urlatori di professione che tanto danno hanno fatto alla nostra democrazia.
Le nuove generazioni devono capire che la demonizzazione del passato ha fin qui impedito un autentico rinnovamento della classe politica e del destino economico e sociale del nostro popolo.
Bisognerà votare per gli uomini di estrazione politica che abbiano dato prova di saper amministrare la cosa pubblica, prestare loro aiuto senza restare al coperto aspettando i vincitori. Bisognerà escludere i candidati che hanno fatto carriera nelle segreterie di partito con logiche clientelari.
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