Sardegna, la prima caduta della Meloni. Paura effetto domino, dietro l’angolo c’è il voto in Abruzzo

Primo passo falso di Meloni, prima vittoria per Schlein. La Sardegna che si consegna al centrosinistra grazie all’affermazione sul filo di lana di Alessandra Todde (45,3% contro il 45% del candidato di centrodestra Paolo Truzzu) è un laboratorio politico di prime volte. L’elenco è lungo. Mai un candidato M5S si era imposto come presidente di Regione. Mai una donna è stata chiamata, per quanto impropriamente, governatrice della Sardegna. Vince, sia pure di un soffio, la linea dell’alleanza tattica Schlein-Conte, uniti per interesse, quanto sarà largo il campo si vedrà.

Schlein ha digerito la candidatura M5S senza fastidiose primarie e per la prima volta assesta un colpo per convincere il partito che un leader c’è, visto che alla fine come voti di lista il Pd ha doppiato M5S, difficile dire che a guidare il tandem non sia lei. Proprio nel momento in cui Meloni paga la volontà di imporre un suo candidato, per cristallizzare i rapporti di forza trascurando le esigenze di coalizione.

Se uniti, Pd e M5s possono essere competitivi. Ma guai a leggere il volo verso Cagliari di Conte e Schlein come il decollo definitivo del cosiddetto “campo largo”. Men che meno, si può interpretarlo come la firma della definitiva intesa “giallorossa” in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Semmai, il risultato di Todde può essere di buon auspicio per le amministrative abruzzesi alle porte e potrebbe dare nuova energia per chiudere le partite ancora aperte. In ordine: Basilicata, Piemonte e Umbria. In tutte e quattro le Regioni l’intesa manca. E la parola d’ordine resta “prudenza”.

Nel centrodestra prime crepe della leadership di Meloni: si può dare la colpa al voto disgiunto, al candidato sbagliato, il timore vero è quello per un effetto domino, il vento comincia a girare. E si evidenzia però la crisi della Lega. “Non esiste più, non solo in Sardegna”, nota un forzista, che tra i due litiganti sembra godere almeno un po’. Non è assurdo pensare che ora il partito di Tajani tenti di capitalizzare al massimo la spaccatura fra FdI e Lega.

Chiari sono però i timori per le prossime prove elettorali. Intanto nelle prossime ore potrebbe incassare dal tavolo di coalizione sulle amministrative il via libera all’ex ministra Adriana Poli Bortone, 80 anni, come candidata del centrodestra per Lecce.

Il 10 marzo in Abruzzo (dove cerca il bis il meloniano Marco Marsilio e dove i tre leader sono attesi il 5), e il 21-22 aprile in Basilicata, dove FI conta sulla conferma di Vito Bardi (“Il candidato sarà lui, sono assolutamente convinto”, dice Tajani) ma la partita non è del tutto chiusa. Ma soprattutto le Europee di giugno, un potenziale spartiacque. Uno scenario su cui pesa il rischio di altre fibrillazioni nel centrodestra, a cominciare dal terzo mandato per i governatori, su cui la Lega insisterà nonostante il disaccordo degli alleati.

 

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Warsamé Dini Casali