Quaranta anni fa, esattamente il 7 giugno 1984, Enrico Beringuer venne colpito da un ictus mentre teneva un comizio a Padova. Ricoverato in ospedale, morì quattro giorni dopo. Il leader più amato di quello che fu il Pci, il Partito Comunista Italiano, ha avuto tantissimi meriti tra cui quello di aver portato il Partito su terreni allora inediti: l’eurocomunismo, l’accettazione della Nato e il compromesso storico per citarne alcuni.
Decisamente uno dei politici più autentici, amati e rispettati dell’Italia del dopoguerra: al suo funerale che si è tenuto a Roma il 13 giugno di quell’anno, parteciparono circa un milione e mezzo di persone (e io, bambino, c’ero). Tra i tanti che resero omaggio ci fu anche Giorgio Almirante, il leader del Movimento Sociale Italiano, l’ex repubblichino “padre politico” dell’attuale premier Giorgia Meloni.
Subito dopo la sua morte, Enrico Berlinguer è diventata un’icona, una sorta di santo laico. Verrebbe da pensare che lo sia diventato per la sua parte politica e basta. E invece no: Berlinguer viene tirato per la giacchetta anche dalla destra, specialmente in questi ultimi anni, ogni volta che c’è la necessità di sminuire l’avversario politico. La frase ricorrente detta dai La Russa, dai Salvini e da molti altri è: “Quando c’era Berlinguer, quella sì che era la vera sinistra“. E ancora: “All’epoca la sinistra si occupava dei più bisognosi“. Come a voler dire che oggi ad occuparsi di disoccupati e lavoratori sia la destra (ma forse, leggendo i dati attuali forniti dall’Istat su povertà e lavoro povero, non è proprio così).
Questa operazione volta fintamente a mitizzare Berlinguer ha soltanto uno scopo: quello di snaturare l’attuale sinistra italiana. E’ quindi una pura operazione di marketing politico contro un avversario che, in molti casi, già si fa male da solo. E’ arrivato il momento di lasciar riposare in pace Enrico Berlinguer. Anche perché, lo sappiamo: la sincerità, in politica, è merce davvero rara.
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