Fazzolari braccio destro di Meloni che vuole le scuole insegnino a sparare. Gran dibattito, brivido di indignazione, abbondanti interventi e iscritti a parlare u ogni piattaforma e per ogni dove. Ma è fuffa, non c’è nessuna possibilità i questa vita che le scuole italiane si facciano il loro poligono di tiro, la loro armeria e mettano in pagella il tiro al bersaglio fisso e mobile. Neanche Fazzolari si è mai sognato di volere e proporre questo, certo è Fazzolari e Fazzolari, come tanti, troppi, componenti il ceto politico, non coltiva l’arte del silenzio e soprattutto quella del parlare con pieno dominio di vocabolari e concetti. Però lì tutti, tv e giornali e vita pubblica a sillabare sulla fuffa delle armi a scuola per ministeriale programma. D’altra parte si trattava di dare il cambio al fuffa sui telefonini in classe o sugli stipendi dei prof, ministro Valditara a dare il la al coro supercazzolante.
Donzelli e Delmastro, altre articolazioni in altrui corpo di Giorgia Meloni, soprattutto il primo. Ragazzo “spiritato” dal soffio vitale e rigeneratore dell’estrema destra, fin da giovanissimo e ora meritevole della definizione amicale di “monaco”, essendo Donzelli votato anima e corpo alla rivincita della destra dopo 70 anni di umiliazioni. Donzelli è uno che, quando si tratta della missione di rievangelizzare a destra l’Italia, proprio non si tiene. Non si è tenuto, non si è risparmiato in Parlamento, l’ha fatta fuori dal vaso e a accusato il Pd di tenere bordone alla mafia sul 41 bis. Ora, va bene che anche lo sparare sulla Croce Rossa è stato abbondantemente sdoganato, ma il Pd che fa da sponda alla mafia è, appunto, farla fuori dal vaso. Magari qualcuno può dire che il Pd se la fa sotto all’idea che Cospito diventi il martire della sinistra non solo antagonista ma anche quella dura, pura, radicale e ovviamente anti renziana…Donzelli che ha evidenti problemi di calibro tra la sua identità di missionario rievangelizzatore a destra è la grammatica istituzionale ha esposto quindi in Parlamento una supercazzola per cui Pd e mafia culo e camicia. Delmastro gli ha dato filo con cui intessere la supercazzola, filo preso in ufficio di sottosegretario. Due che giocano a fare gli arditi e invece interpretano senza saperlo i vitelloni, della politica. Ma di Donzelli e le sue supercazzole si dibatte per settimane, con infinita passione mediatica e politica.
Domenica e lunedì si vota, in Lombardia e nel Lazio. Avete presente i seggi? Nei corridoi si fa un po’ di fila (poca stavolta, due giorni per votare, unici al mondo) e ci i mette i due file: uomini e donne. Ci si metteva…Ora arriva la decisione-invito a mischiare le file. Altrimenti le otto identità di genere (otto, a meno che qualcuno quella mattina non avverta in se stesso/a l’urgenza e la maturazione di una transizione pienamente percepita), altrimenti gli, le, i LGBTQIA+ dove vanno, dove sarebbero liberi di andare in fila? Finora costretti a mettersi in fila o tra uomini o tra donne: un’offesa, una violazione, anzi una psicologica tortura. Ecco, altro bel dibattito politico-mediatico. Che stavolta unisce le caratteristiche peculiari sia della fuffa che della supercazzola. Poi ci sarebbe stata, principe dominante, la chiacchiera altisonante su Zalensky a Sanremo. Purtroppo per la chiacchiera di stampa e di politica Zalensky si è sottratto, non porta il suo contributo e obolo alla fuffa e supercazzola. Ha cose molto più serie di cui occuparsi e, sospettiamo, nemmeno il suo passato mestiere di attore lo porta ad apprezzare la costante, totale, onnicomprensiva e pur ancora debordante fiction di cui è fatta la vita pubblica italiana.
Scriveva Sabino Cassese l’altro giorno sul Corriere della Sera: “Servirebbe la capacità dei media di relegare allo spazio che si meritano le esternazioni quotidiane dei politici…”. Già, servirebbe per evitare che l’unica trama e tessuto del racconto e interpretazione della res pubblica siano quelli della fuffa e della supercazzola. Non c’è da contarci molto: quella trama e quel tessuto sono incistati, anzi ormai fusi nella forma e sostanza dei media. Se fuffa e supercazzola al posto delle cose serie e vere (e per questo complesse e difficili prima da comprendere e poi da divulgare) sono un vizio dei media, allora è vizio allo stato irredimibile. E se invece fuffa e supercazzola fosse la misura, lo spessore culturale e comportamentale di u ceto politico che in fondo altro non è che specchio della società a-civile o francamente incivile che lo esprime prima ancora che votarlo? Se i media non facessero altro che diffondere e spargere quel che è, per così dire, immanente al ceto politico? Allora sarebbero il Gatto e la Volpe alla ricerca che considerano astuta della fuffa e della supercazzola. Per entrambi, nella impossibilità di essere seri, nella rinuncia ad essere seri, nella abdicazione dall’essere seri.
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