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Male lingue in FDI. Rachele Silvestri: “Costretta al test di paternità per mio figlio”.

Rachele Silvestri è una parlamentare di Fratelli d’Italia. Lo è stata anche di M5S. Il passaggio politico è stato di ampio percorso, forse il più ampio immaginabile. Però percorso appunto da Rachele Silvestri senza clamori e proclami, indignazioni e folgorazioni a favor di social o talk show. La cosa deve essere apparsa sospetta, più che sospetta, dentro Fratelli d’Italia o almeno nel dentro-dentro, nei sottoscala di una comunità politica sì, ma non per questo meno pettegola. Uno/a di quelli che sanno tutto deve aver detto di sapere perché Rachele Silvestri Fratelli d’Italia l’aveva messa in lista e candidata. Perché…

Il figlio non è del padre ufficiale ma di…

Il perché della candidatura, sospira e soffia la mala lingua, sta nel fatto (?) che il figlio (appena tre mesi) non sarebbe del padre ufficiale, del compagno di Rachele Silvestri ma sarebbe il figlio nato da una relazione. Una relazione tra Rachele Silvestri e chi? Il chi sarebbe niente meno che “un politico importante” di Fratelli d’Italia, uno del vertice ristretto o che ad esso ha accesso. Prima di proseguire, fermarsi su un punto cruciale: immortale e dominante la cultura per cui se una donna viene promossa a qualcosa, se qualcosa le viene data è sempre perché ad un maschio di potere lei l’ha data. Ed è il primo, eterno sfregio alla donna, in questo caso Rachele Silvestri. Corollario del punto cruciale: la candidatura è insieme risarcimento e prezzo, anche se non certo pattuito, del silenzio, della massima discrezione, dei panni sporchi lavati in famiglia. E qui lo sfregio si moltiplica e perfeziona. Ma il più e il peggio è quel che segue: ad una candidatura che remunera una relazione e un figlio con un maschio potente di FdI vasta platea dentro FdI presta orecchio, anzi ci crede.

Peggio chi lo mormora o chi ci crede?

Devono essere quelli che ci credono a ciò che sussurra la mala lingua tanto da, parole sue, costringere Rachele Silvestri ad un test di paternità per il figlio. La mala lingua deve essere diventata una sorta di vox populi interna e forse anche esterna. E la violenza della vox populi è sempre marcata, crudele, feroce. Rachele Silvestri racconta tutto in una lettera, una pubblica e aperta lettera al Corriere della Sera: l’assedio alla sua persona e alla sua famiglia delle “voci” montanti su di lei, sul figlio. Quindi della sofferenza, della scelta razionale ma insieme disperata del test di paternità.

Test che dirà a referto che il figlio è figlio del compagno di Rachele Silvestri e non del “politico importante”. A Rachele Silvestri resterà l’offesa umiliante impostale nella sua comunità politica (tutt’altro che detto che altrove sarebbe diversamente andata). Qualcuno troppo indulgente con se stesso chiamerà tutto questo col nome di gossip. Falso, truffaldino e anche un po’ losco spacciare per gossip il vizio coprofilo di spargerne su chiunque, meglio se donna.

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