Foibe, dopo i vandalismi di Basovizza, Mattarella: “La storia non torna indietro”, silenzio di Schlein e Conte - Blitzquotidiano.it (foto Ansa)
Foibe. Ci risiamo, ancora uno sfregio agli italiani. Imbrattata la foiba di Basovizza (frazione di Trieste) un vecchio pozzo minerario in disuso che ricorda l’eccidio di 97 finanzieri trucidati e infoibati per il solo fatto di essere italiani e in divisa.
Atrocità compiuta dagli uomini del maresciallo Tito, dittatore jugoslavo filo sovietico, durante l’occupazione subita dal territorio triestino negli anni a cavallo del 1945.
L’ imboccatura della foiba è stata chiusa nel 1959, dopo lunghe vicissitudini, e dichiarata “Monumento nazionale”. Oggi è “luogo della memoria” per le famiglie degli infoibati e dei deportati morti nei campi di concentramento dell’ex Jugoslavia.
E sabato 8 gennaio, a 48 ore dal “Giorno del Ricordo” – commemorazione civile nazionale italiana che ricorda appunto i massacri delle foibe e l’esodo giuliano – si è materializzato un vergognoso oltraggio alla memoria, insozzando Bosavizza con scritte in slavo, tra le quali la più ignobile recitava: ”Trieste è un pozzo” con la provocazione “Trieste è nostra”. Le scritte, in vernice rossa, sono state immediatamente rimosse. Ricordava stamane “Il Piccolo”, quotidiano storico di Trieste, che il luogo è stato “lordato con tre scritte in sloveno”.
Indignazione bipartisan ma anche polemiche. Sergio Mattarella, impegnato a Gorizia alla cerimonia della “Prima capitale europea della cultura transfrontaliera GO 2025”, ha prontamente ammonito: ”Nulla può far tornare indietro la storia che Slovenia e Italia hanno costruito e costruiscono insieme”. La premier Giorgia Meloni ha rimarcato:”La foiba di Basovizza è un luogo sacro, un monumento nazionale, da onorare in silenzio e con la preghiera. Ciò che è accaduto è di una gravità inaudita che non può restare impunito”
Numerose le polemiche per il silenzio dell’Anpi. Ha sorpreso (si fa per dire) il silenzio di Conte ed Elly Schlein. In compenso si sono fatti sentire i dem più moderati; indignati (tra gli altri) la friulana Debora Serracchiani, l’ex vicepresidente del Pd Anna Ascani e il neo governatore emiliano De Pascale.
Scriveva Aldo Grasso sul Corriere della Sera (martedì 12 febbraio 2008): “Quello delle foibe è un brutto ricordo: una pagina indegna dove si parla di pulizia etnica ed incombe il triste rituale di quei corpi gettati nelle cavità carsiche. La tv non ha fatto molto per ricordare quella strage di italiani”. E giù bacchettate soprattutto su Raitre. Non è cambiato molto da allora.
E’ il caso di ricordare che, come scrive nel suo saggio sulle “Foibe” (Mondadori, 2002) lo studioso del ‘900 Gianni Oliva:” Per oltre mezzo secolo, su questi eccidi – e sul successivo esodo forzato di oltre 200.000 compatrioti giuliani, dalmati e istriani- è gravato un pesante silenzio”.
E le ragioni di quelle che sono state a lungo chiamate “le stragi negate” sono sostanzialmente due: innanzitutto le attenzioni dell’Occidente per Tito dopo la sua rottura con Stalin nel 1948 e poi la preoccupazione del nostro governo per i risultati della Conferenza di Pace, nonché la volontà di proteggere i presunti criminali di guerra italiani di cui la ex Jugoslavia chiedeva l’estradizione. C’è voluto del tempo perché il Paese affrontasse il problema con la ferma volontà di fare chiarezza. Ma ci siamo. Forse.