Nell’ultima manovra di bilancio, alla voce sanità il Governo ha stanziato più soldi rispetto all’anno passato. I costi sono però lievitati per via dell’alta inflazione e non solo. Malgrado l’aumento, rispetto a Francia e Germania restiamo indietro spendendo almeno 4 punti in meno di Pil. Rispetto alla media Ocse siamo invece un punto e mezzo sotto. Che la sanità pubblica italiana sia con l’acqua alla gola è evidente. E se crolla, i primi a rimetterci sono i cittadini che già ora fanno fatica a prenotare le visite anche più comuni. Chi è più ricco va dal privato, chi non può permetterselo si indebita o rinuncia a curarsi. Il problema diventa quindi una questione di tenuta sociale del Paese. Lo sanno bene le regioni che sarebbero le prime a rimetterci anche politicamente, dato che sono loro a gestire la sanità.
Per evitare questo crollo, sia le regioni governate dalla destra, sia quelle governate dalla sinistra, chiedono più fondi. Se non li otterranno sono pronte a rivolgersi alla Corte Costituzionale. La bufera è scoppiata dopo che il governo ha tagliato 1,2 miliardi di fondi del Pnrr che servivano per realizzare opere di messa in sicurezza sismica delle strutture ospedaliere. Nell’ultima Conferenza delle Regioni è stato chiesto ufficialmente che venga abolito il decreto legge che ha messo nero su bianco il taglio dei fondi o almeno che venga preso un impegno formale per la reintegrazione dei fondi. Massimiliano Fedriga è il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia nonché Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Al termine della conferenza che si è tenuta lo scorso 4 aprile ha usato parole inequivocabili rivolte al Governo: “Utilizzeremo tutti i canali della collaborazione e anche quelli di non collaborazione, se necessario, per tutelare il più possibile il servizio sanitario nazionale” (le sue parole nel video in fondo all’articolo).
La Meloni non ha preso bene questa iniziativa e da Bruno Vespa ha ribadito che il fondo sanitario ammonta a 134 miliardi, il più alto di sempre anche in rapporto al Pil. Negli ospedali italiani, attualmente non c’è però solo un problema legato alla mancanza di fondi. A mancare sono anche medici e infermieri. Il Governo ha promesso la revisione del numero chiuso nelle facoltà universitarie di medicina dimenticandosi che bisogna anche impedire la fuga verso l’estero, o verso il privato, del personale sanitario. Fuga provocata dalle condizioni di lavoro ma soprattutto dagli stipendi che nella sanità pubblica sono meno allettanti.
Insomma il problema è complesso ed ha diverse sfaccettature. E a tutto questo come reagisce la politica italiana? L’opposizione attacca e la maggioranza si difende. La salute di 58 milioni di italiani diventa l’ennesima questione politica, l’ennesimo scontro. Non viene preso il “toro per le corna” e si decide sostanzialmente di lasciare tutto com’è o quasi. Nel frattempo, fra le altre cose, si decide si spostare fondi del Pnrr ottenuti dall’Italia anche per mettere in sicurezza gli ospedali. E pensare che per decenni ci hanno detto che la nostra era una delle migliori sanità del mondo. Per favore, affrontate almeno questo problema. Prima che sia troppo tardi.
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