Genova e Liguria, campagna elettorale esplosiva: una bolla di grisou incombe. Aspettando che il cielo scarichi qualche bomba d’acqua innescata da un mare quasi sempre calmo, che questa estate è arrivato a “bollire” a 30 gradi, la Liguria fa gli scongiuri e sta per vivere una stagione quasi irreale.
Tra quaranta giorni ci saranno le elezioni regionali, provocate dalle dimissioni forzate del presidente Giovanni Toti, travolto dall’inchiesta della Procura genovese, diventata un vero caso giudiziario tra magistratura e politica. Sono elezioni rapide, quasi radenti, nelle quali si scontreranno l’ex ministro e capo Pd per decenni, lo spezzino Andrea Orlando, scelto senza alternative e il sindaco di Genova Marco Bucci, scelto in mezzo a un dramma umano e politico. Umano perché Bucci, sindaco da sette anni di Genova, è reduce da un ciclo di radioterapia per curare un improvviso tumore.
Politico perché la sua soluzione di candidatura, arrivata dopo uno scontro sanguinoso nel centro destra, ha implicato di fatto la fine del “totismo”, l’esclusione della candidata di quella parte, la parlamentare Ilaria Cavo e la rinuncia del viceministro leghista Edoardo Rixi, tenuto caldo da Salvini al suo posto governativo.
In questo modo la Regione arriva al voto decapitata, con il centro sinistra ringalluzzito dopo anni incolori di opposizione e il Comune vede partire per una campagna difficilissima il sindaco che contemporaneamente è primo cittadino e candidato, mentre tutti i nodi delle grandi opere vengono al pettine.
Quelle sulle quali la terna Toti, Bucci e Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale, hanno spinto per lustri interi.
Anche il porto è decapitato, retto da due commissari, un ammiraglio e un professore di diritto con scarse possibilità decisionali davanti a scelte chiave: lo sviluppo dell’aeroporto, lo spostamento dibattuto da decenni dei depositi chimici, il piano regolatore portuale.
Inoltre questo baillamme sta provocando un vero esodo di consiglieri e assessori comunali verso i ben più appetiti ruoli del consiglio regionale, dove il lavoro è meno impegnativo e i gettoni ben più remunerativi.
In un rimescolio di cambi di partito, di salti della quaglia, di conversioni improvvise, determinate soprattutto dalla crisi delle liste civiche, che erano legate al nome di Toti e che si volatizzano in un ritorno verso i partiti e in veree proprie conversioni.
C’è l’assessore Mauro Avvenente, ex Pci, PDS,DS, PD, con i baffoni da Stalin, diventato renziano sulla via di Damasco, che resta con la maggioranza di Bucci in Comune, dopo essersi già convertito al fiancheggiamento del centro destra.
E lascia, ovviamente, Italia Viva, insieme al potente Falteri, imprenditore, editore, uomo di fiducia di Bucci, che resta con lui dopo l’idillio con i renziani.
Ci sono gli altri renziani di Italia Viva, spiazzati dalla candidatura di Bucci, che lo avevano appoggiato in Comune e che ora restano in mezzo al guado con il loro leader che si tuffa nel campo largo e la loro zarina in Liguria e in Parlamento, Raffaella Paita, che cerca di tenere unite le fila scomposte.
C’è da farsi girare la testa tra giovani assessori o assessore con scarsa esperienza, cresciute sotto l’ombrello di Bucci in Comune, che prendono il volo per la Regione, cambiando anche partito come la pimpante Marta Brusoni, passata in fretta e furia sotto la Lega.
E’ una classe dirigente di centro destra ammaliata dal successo di Bucci e choccata dal crak di Toti, che ha un po’ perso la testa e le coordinate.
E poi ci sono i vecchi marpioni che da decenni vivono i cambi, passando da destra a sinistra, dal centro al centro, come l’ex democristiano Mauro Boitano, chiavarese e il recordman Stefano Anzalone, in origine dipietrista e oggi non sai più dov’è.
Basta restare in sella e sussurrare all’orecchio del potente che gli porti un mazzo di voti…
In questo clima di campagna elettorale corta, ma praticamente anteprima di quella successiva, che incomincerà subito per il Comune, nel caso che Bucci vinca la partita regionale e si dimetta da Tursi, le urgenze del territorio genovese e ligure si affastellano, mentre di programmi (per quel che valgono) non si è ancora cominciato a parlare.
Ci sono solo ruvidi scambi pole
mici tra Bucci e Orlando che chissà se avranno il tempo di confrontarsi veramente.
Per ora si tirano frecciate da un salotto, come quello del Bristol, albergo genovese di lusso dove sono arrivati perfino Tajani, Scajola zio e nipote, Moratti, Cirio presidente del Piemonte e altri big nazionali “azzurri”, a spingere il sindaco, a una piazza come quella di Soziglia dove Andrea Orlando, nell’ombelico del centro storico, raduna i suoi, contando una imprevista superaffluenza.
La scena è ancora occupata dagli strascichi giudiziari, che ogni giorno sfornano novità, destinate comunque a incidere.
Dopo il sorprendente patteggiamento di Giovanni Toti, che ha spiazzato soprattutto i suoi alleati e scavato un fossato tra lui e loro, avviandolo a una carriera esterna alla politica, almeno per i due anni e un mese della sua pena, i servizi sociali, hanno velocemente concluso un accordo con la Procura, prima Signorini e poi, con molta più fatica Aldo Spinelli, concordando pene superiori ai tre anni e risarcimenti cospicui.
Spinelli, già libero da quindici giorni, è subito andato a giocare a scopone nella sua trattoria preferita, mentre Signorini è ancora agli arresti domiciliari.
La questione del patteggiamento sta dividendo in modo lacerante non solo gli esperti di diritto, ma anche tutta l’opinione pubblica. E’ una confessione almeno parziale,che non cancella i reati contestati almeno in parte?
O è unmeccanismo che salva gli imputati dalla gogna mediatica decennale e, comunque, esclude la loro responsabilità, soprattutto da quella di Toti, la corruzione “propria”, riconoscendo quella “impropria”, che non implica nè arricchimenti personali, né invalidità degli atti amministrativi compiuti tra corrotto e corruttore?
Si sottolinea la sproporzione tra la lunga detenzione ai domiciliari dell’ex presidente regionale e la pena ridotta dei due anni.
E dall’altra si sottolinea il totale cambiamento di atteggiamento di Toti, che aveva annunciato una agguerritissima difesa in Tribunale e ora svicola via con le sue 1500 ore di servizi sociali.
Come si ricordano i commenti pesanti contro i giudici di diversi leader nazionali. A incominciare da Matteo Salvini, pronto a accompagnare con fuoco e fiamme i processi. Che non si faranno, se non per gli imputati di secondo piano.
Ogni giorno questa realtà processuale si capovolge in una diversa interpretazione. Ma intanto è la Regione, che trema da Spezia (dove si è dimesso anche lì il presidente del porto Sommariva) a Ventimiglia (dove l’eterno stratega Claudio Scajola raduna le truppe per sostenere Bucci, dopo essere stato uno dei primi che lo ha convinto a correre per conquistare la Regione), sta proprio in mezzo al guado. Chiuso il totismo vincerà l’efficientismo di Bucci o la trama del campo largo di Orlando?
Una doppia campagna elettorale con la Liguria decapitata è proprio quello che non ci voleva in questo momento. L’ultima notizia negativa che conferma la difficoltà di questa Regione isolata, dove il processo per il ponte Morandi si perde nelle altre emergenze e dove le autostrade si stano tutte ricantierizzando dopo la pausa estiva, arriva dalla Grande Opera Numero Uno: il Terzo Valico ferroviario, tra Genova e Milano.
Come Blitz quotidiano aveva anticipato in esclusiva più di un mese fa è stato scoperto un giacimento pregiatissimo di gas grisou dentro all’Appennino, sul percorso della galleria chiave dell’opera tra i Comuni di Arquata Scrivia e Novi Ligure, nella Val Lemme.
Lavori fermi in quei pochi chilometri che mancavano per completare un percorso di 37 chilometri di gallerie e l’ipotesi catastrofica, se l’entità del giacimento gassoso fosse confermata, di modificare il percorso.
Terzo Valico era atteso, con i finanziamenti del Pnrr nel 2026 e avrebbe risolto dopo decenni di attesa il problema chiave del collegamento con il porto di Genova e del traffico passeggeri, velocizzandolo a meno di un’ora da Milano.
Se tutto si ferma l’opera slitta a una data inimmaginabile e comunque catastrofica, anche per il costo aumentato e per l’inutilità di quanto già realizzato e costato oltre i sei miliardi. Se il Terzo Valico, che una infrastruttura, diventa lo sfruttamento di un gas, il mondo si capovolge sull’Appennino ligure.
Il ministro dei Trasporti Salvini è corso alla Camera a tranquillizzare tutti nel question time: gli scavi e le opere continuano, malgrado il gas grisou.
Ma pochi oramai credono che questa opera, progettata più di cento anni fa, arrivi in tempo con le date promesse e sempre evase.
Delle altre grandi opere, che segnavano l’alleanza di ferro Bucci-Toti-Signorini, non si parla quasi più, annegati nell’emergenza elettorale, se non nelle sfuriate di Bucci contro Orlando e gli avversari dell’opposizione.
Ora contano solo i sondaggi, che incominciano a dare degli scossoni a un quadro così in movimento.
Il primo, pubblicato da Teknè, a cura dell’emittente televisiva “Primocanale”, fotografa lo scontro Orlando-Bucci, con il primo in vantaggio di ben sei punti, 53 a 47, ma bisogna considerare che è stato fatto pochi giorni dopo l’ingresso in campo del sindaco genovese.
In un successivo test compare anche un terzo candidato, Lorenzo Morra, ex parlamentare Cinque Stelle uscito dal Movimento e oggi rappresentante di Uniti per la Costituzione, che avrebbe il 3 per cento, facendo scendere Orlando al 50, succhiando tutti i suoi voti al campo largo, larghissimo, ma non tanto da comprendere questa frangia di fuoriusciti dai grillini. Ma siamo solo all’inizio……
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